Testo di Matteo Manara, foto di Gianluigi Guercia
Gcobisa è una giovane donna di 32 anni, madre di due bambini, Nali e Asasaki, rispettivamente di 4 e 2 anni. Il suo trascorso è purtroppo comune a quello di molte donne sudafricane: rimasta presto senza genitori (la madre è morta in tenera età, il padre non ne ha voluto sapere nulla di lei) è finita tra le braccia di un uomo violento, alcolizzato, che ha abusato di lei per tanti anni. Gcobisa sentiva di non poterlo abbandonare: dipendeva da lui in tutto e per tutto, non potendo ricevere alcun tipo di supporto da altri suoi familiari, tra cui un fratello senza lavoro. Se qualcosa si è mosso è anche per la spinta dei vicini, che hanno denunciato la situazione ai servizi sociali, tramite i quali è poi approdata alla Casa del Sorriso di Cesvi.
Oggi la incontriamo nell’abitazione che condivide con i suoi due figli: una baracca di lamiera, eppure particolarmente ordinata e decorosa all’interno, situata nella baraccopoli di Philippi. Con lei ripercorriamo gli ultimi mesi, in particolare quelli in cui è stata ospite della struttura che da tanti anni rappresenta un luogo protetto e sicuro per mamme che si sono trovate nella sua stessa situazione.
“Alla Casa del Sorriso si prendono davvero cura delle persone” – ricorda. “Hanno pagato l’iscrizione dei miei figli all’asilo e si sono fatti carico anche dei costi di trasporto. Abbiamo sempre ricevuto tutto quello di cui avevamo bisogno, ci siamo sentiti amati”.
Dopo 8 mesi alla Casa del Sorriso, Gcobisa era pronta a ricominciare. Con in mano un prezioso diploma come cassiera e il certificato di nascita del primo dei suoi figli, che le ha permesso di ricevere un sussidio mensile dall’agenzia nazionale per la sicurezza sociale.
“Ho fatto tanta strada, ma la mia vita non è ancora cambiata del tutto”, racconta Gcobisa. “Con 440 rands al mese (circa 27,50 € al cambio attuale, ndr) dobbiamo vivere in tre: 440 rands ci devono bastare per tutto: cibo e vestiti”.
Nonostante sia terminato il suo percorso alla Casa del Sorriso, gli operatori del progetto stanno mantenendo i contatti con Gcobisa per continuare a supportarla nella sua nuova vita, libera dalla violenza, ma ancora piena di sfide, come quella della ricerca di un lavoro che possa renderla completamente autonoma e indipendente.