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Accogliere i migranti è parte della nostra missione

Pubblicato in Le nostre voci istituzionaliPubblicato il 3 Aprile 201718 Dicembre 2017di Cesvi
Libia - Foto di Giovanni Diffidenti

“Siamo condannati all’ospitalità reciproca” scriveva Kant nel 1784. Per il Cesvi, il dovere dell’accoglienza dei rifugiati e dei migranti, prima ancora che dalla visione del pianeta come “casa comune”, discende dal nostro Statuto che ci impegna a mettere in pratica i Diritti dell’Uomo e i valori europei – Liberté, Égalité, Fraternité – da cui la Dichiarazione Universale scaturisce.

Siamo “condannati” all’accoglienza anche da ragioni utilitaristiche e dai numeri.

I numeri della demografia ci dicono che non facciamo abbastanza figli e la nostra società sarebbe condannata a morire senza i giovani immigrati e senza le donne straniere residenti in Italia che mediamente mettono al mondo 1,95 bambini contro 1,27 delle nostre connazionali. Nel 2016, 258.000 stranieri si sono trasferiti in Italia per lavorare creando un volano anche per i 115.000 giovani emigrati dall’Italia.

I numeri mostrano un’economia inceppata che galleggia anche grazie alle micro-imprese: mentre quelle nostrane calano, quelle a guida immigrata sono cresciute a 550.000, il 9,1% del totale, 95 miliardi di valore aggiunto. Complessivamente la ricchezza prodotta dagli stranieri occupati in Italia è di 125 miliardi, l’8,6% del PIL.

I numeri del nostro welfare: 2,3 milioni di occupati stranieri in Italia versano contributi previdenziali per oltre 10 miliardi che servono a pagare meno di 100.000 pensioni a stranieri e 640.000 pensioni agli italiani. Nel 2012, 3,5 milioni di contribuenti nati all’estero hanno dichiarato redditi per quasi 45 miliardi, il 5,6% dell’intera ricchezza prodotta. A questa vanno aggiunti il gettito dell’IVA e di altre voci che la Banca d’Italia ha stimato complessivamente in 7,6 miliardi.

Nonostante queste evidenze i migranti che tre anni fa erano un fenomeno preoccupante per il 3% degli italiani ora lo sono per il 33%; la seconda voce di preoccupazione dopo la disoccupazione. Come ci ha spiegato il nostro Consigliere Nando Pagnoncelli: “pieghiamo i numeri alle nostre opinioni preconcette”. E in questo modo le “percezioni” ci allontanano dal reale e alla domanda “Quanti sono gli immigrati?” rispondiamo il 30%. In realtà sono poco più di 5 milioni, l’8,3% della popolazione, e solo 400.000 tra loro sono irregolari. Invece di misurare la temperatura reale consideriamo quella “percepita” e così ha buon gioco chi cavalca la “paura dell’invasione” per fare audience o raccogliere voti nascondendo la realtà. Ecco i numeri reali delle “invasioni” dei siriani, degli africani e dei musulmani.  Dei 5 milioni di siriani in fuga solo 130.000 sono stati accolti in Occidente, di cui 35.000 in Canada. Tutti gli altri sono in Turchia, Giordania e Libano. Dei 244 milioni di migranti nel mondo il 25% sono europei e solo il 14% sono africani, cioè 36 milioni e la metà di loro (18 milioni) è emigrato… in Africa. In Italia su 5 milioni di stranieri solo 1,6 sono musulmani perché in maggioranza sono cristiani. E via così.

Perciò, se da un lato continueremo nel nostro piccolo a fronteggiare le emergenze e l’instabilità nel mondo per evitare che la gente fugga dalle proprie case, dall’altro ci siamo rimboccati le maniche per dare il nostro contributo anche all’accoglienza in Italia. Ci stiamo occupando dei più fragili fra i migranti: i minori stranieri non accompagnati. Nel 2016 ne sono arrivati via mare 25.846, il 15% degli sbarchi. Molti di loro cercano di raggiungere altri paesi europei, altri potrebbero essere vittime di traffici di ogni tipo: ad oggi 6.508 di loro sono “irreperibili”.

I nostri progetti per i minori stranieri non accompagnati puntano all’accoglienza diffusa e all’integrazione. La nuova legge ci consente di diffondere la positiva esperienza del “tutoraggio” da parte di famiglie volontarie. La promozione della cittadinanza unita alla formazione lavorativa sono le leve per una felice integrazione che sarebbe più corretto definire “interazione”, esattamente come facciamo nei progetti di cooperazione con i beneficiari portatori di culture diverse dalla nostra.

 

Foto di Giovanni Diffidenti

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