A Siracusa, il processo organizzato da Cesvi e ActionAid Italia insieme agli studenti della città apre il confronto su cibo e sostenibilità, tematiche che verranno affrontate nel Vertice G7 di Taormina
Assolto per non aver commesso il fatto. Questa è il verdetto del Processo al Pomodoro che si è svolto nell’Auditorium dell’Istituto Scolastico “F. Insolera”, a Siracusa. Sul banco degli imputati il pomodoro, alimento-simbolo della dieta mediterranea e al quale sono legati temi e problemi del nostro tempo: dal fenomeno del caporalato alla contraffazione alimentare, dalla concorrenza sfavorevole dei prodotti esteri all’inquinamento provocato dai sistemi di produzione. A processarlo, sono stati gli studenti degli Istituti scolastici “Insolera” e “Rizza”, che hanno inscenato un complesso procedimento giudiziario all’americana con avvocati, prove, articolati dibattimenti e sentenza finale.
“I fatti sussistono, ma l’imputato li ha davvero commessi? – ha dichiarato l’avvocato Valerio Vancheri, portavoce del verdetto emesso dalla giuria – Il problema della contraffazione del prodotto esiste, il fatto che possa produrre delle allergie è vero come è innegabile che la sua coltivazione sia alla base di una grave piaga come quella del caporalato. Tuttavia, riteniamo che il pomodoro non sia il giusto imputato per questo processo. In diritto penale esiste il corpo del reato, ovvero lo strumento attraverso il quale viene commesso il reato: questa è la definizione corretta del pomodoro, che, anzi, è l’elemento offeso dal reato come lo siamo tutti noi. Riteniamo che i responsabili da perseguire siano tutti coloro che in nome del profitto non si preoccupano, ad esempio della genuinità dei prodotti che arrivano sulle nostre tavole o del rispetto dei diritti dei lavoratori che intervengono lungo la filiera di produzione. Il pomodoro è assolto”.
Questo dunque il verdetto al quale è giunta la giuria dopo che ragazze e ragazzi si sono confrontati nei ruoli di accusa e difesa, al fine di esaminare concretamente differenti tesi e punti di vista, basandosi su documenti e fonti attendibili. L’Auditorium dell’Istituto “Insolera” di Siracusa è stato allestito con scenografie che hanno riprodotto una vera e propria aula di giustizia, dove il pubblico ha assistito a interrogatori e contro-interrogatori, arringhe di difensori e agguerrite requisitorie, fino alla pronuncia del verdetto irrevocabile e insindacabile da parte di una giuria popolare.
Accusa e difesa hanno tentato di convincere i giurati della colpevolezza o dell’innocenza dell’imputato anche grazie al coinvolgimento di testimoni ed esperti: nutrizionisti, sindacalisti e giornalisti interpretati dagli stessi ragazzi. Nelle fasi di preparazione del processo, infatti, gli studenti hanno studiato a lungo le problematiche legate ai capi d’accusa, si sono documentati sui provvedimenti normativi in vigore come la nuova Legge sul Caporalato, approvata dal Parlamento nell’ottobre 2016, in risposta allo sfruttamento del lavoro nelle campagne. Questo il vero obiettivo del processo: permettere agli gli studenti di prendere parte in maniera consapevole e attiva al dibattito su alcune delle principali sfide del nostro tempo, attraverso il gioco delle parti.
La giuria ha visto la partecipazione di docenti, esperti e rappresentanti delle istituzioni a partire da: Giancarlo Garozzo, Sindaco di Siracusa, Valerio Vancheri, avvocato e Presidente C.C. Ortigia, Valeria Troia, Assessora alle Politiche giovanili e all’Istruzione, Titti Cantone, giornalista collaboratore del quotidiano La Sicilia, Pasquale Aloscari, Dirigente Scolastico I.I.S. “A.Rizza”, il Prof. Francesco Raneri dell’Università di Catania, la Prof.ssa Maria Bentivegna in qualità di docente di Diritto all’I.I.S. “F. Insolera”, Salvo Tondo, pedagogista ASP 8 di Siracusa, Ada Mangiafico, Dirigente Scolastico dell’I.I.S. “F.Insolera” e, infine, Giovanni Guarnieri, Chef Professionista del ristorante “Don Camillo”.
Il pomodoro è stato giudicato sulla base di quattro capi d’imputazione che hanno costituito il pretesto per condurre il confronto su problematiche di interesse comune. A cominciare dall’attentato alla salute che rimanda al tema della contraffazione dei prodotti alimentari, per poi analizzare la questione della concorrenza sleale a danno delle economie dei Paesi produttori. L’imputato ha risposto poi di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro a cui si ricollega il tema caldo del caporalato, dei diritti e dello sfruttamento dei lavoratori; infine, d’inquinamento ambientale come attentato all’ambiente e alla biodiversità derivante dall’utilizzo di fertilizzanti o sostanze nocive altamente impattanti.
L’accusa, durante la requisitoria del PM, ha chiesto la condanna del pomodoro con il massimo della pena:
“Signor presidente, signor giudice, signori giurati, abbiamo ascoltato attentamente tutte le testimonianze, di specialisti, agronomi, nutrizionisti, giornalisti, gente comune e, senza ombra di dubbio, a tutti è chiaro che l’imputato è colpevole per essersi macchiato dei reati previsti in tutti e 4 i capi di imputazione. In particolare, per quanto riguarda il capo d’accusa dello sfruttamento del lavoro, non c’è storia. Al di là delle testimonianze, tutti abbiamo negli occhi le immagini trasmesse dai telegiornali: donne e uomini trattati come schiavi, senza tutele di alcun genere e costretti a lavorare anche 12 ore al giorno sotto il sole cocente delle regioni meridionali, per cifre che vanno ben al di sotto di una seppur minima paga di dignitosa . Fino a morire di fatica”.
La difesa, a sua volta, ha chiesto l’assoluzione con formula piena dell’imputato:
“Riteniamo più che sufficienti le testimonianze presentate. Procederò, invece, ad un excursus storico-artistico sulla, potremmo dire, vita e opere del pomodoro. Attualmente il pomodoro è, insieme alla patata, la specie orticola più coltivata al mondo. I pomodori sono stati celebrati anche dal cinema: Pummarò, girato nel 1990 da Michele Placido, contiene tutti gli elementi di una forte denuncia. Un giovane del Ghana, laureato in medicina, viene in Italia a cercare il fratello, che lavora in Campania alla raccolta di pomodori per la raccolta dei pomodori ottiene un salario minimo, dorme nei loculi di un cimitero, subisce continue umiliazioni. Per fortuna, però, oggi abbiamo la legge sul caporalato”.
Il processo si è svolto alla viglia del G7 di Taormina, in programma il 26 e 27 maggio. Durante il summit, i Capi di Stato e di governo sono chiamati a discutere delle principali tematiche inserite nell’agenda globale, dal clima alla sicurezza alimentare. Proprio a quest’ultimo tema si ricollega il processo al pomodoro che è stato anche occasione per lanciare idealmente un messaggio ai Capi di Stato riuniti a Taormina. Dal dibattimento è emersa infatti in maniera forte la necessità di ridurre le disuguaglianze, in particolare, durante la discussione sul caporalato e sullo sfruttamento di migranti in fuga da fame, guerre e povertà. Il messaggio che parte dai giovani di Siracusa riguarda l’urgenza di adottare politiche risolutive, sostenibili e rispettose dei diritti umani. al fine di rendere percorribili in tempi brevi gli obiettivi previsti dall’Agenda 2030.
Il processo, promosso da Cesvi e ActionAid e sostenuto dall’AICS, Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, si inserisce nel progetto “Agente 0011: gli studenti delle scuole italiane si attivano sul territorio per città più sostenibili e inclusive (SDG11) e per un’Italia più responsabile verso l’Agenda 2030” che mira a sensibilizzare i giovani studenti su temi quali la tutela dell’ambiente, la sicurezza alimentare e l’economia sostenibile.
A raccontare le diverse fasi del confronto è stata la penna di Gianluca Costantini: il celebre disegnatore ha elaborato diverse tavole attraverso cui, con la consueta perspicacia e fantasia, ha descritto i vari step del processo.