Francesco Salvatore, 39 anni, di Rapino (CH), è Child Protection Officer per Cesvi. È il responsabile dei progetti di contrasto e prevenzione del maltrattamento all’infanzia che nel 2017 la nostra organizzazione ha inaugurato in Italia con la creazione della rete IoConto. Gli abbiamo fatto qualche domanda per capire meglio il fenomeno e provare a immaginare insieme uno scenario diverso.
D: Sappiamo che ti occupi di protezione dell’infanzia e diritti dei bambini da più di 10 anni: puoi spiegarci che cosa significa essere un Child Protection Officer?
R: Il lavoro del Child Protection Officer affronta le problematiche legate alla protezione dell’infanzia a livelli differenti. Un primo e più ampio livello è quello della sensibilizzazione ed educazione ai diritti, che lavora in ottica preventiva e di auto-protezione. Nel concreto si tratta di trasmettere ai bambini la conoscenza e consapevolezza dei propri diritti, in modo che sappiano riconoscere quando non vengono rispettati e siano in grado in qualche maniera di “rivendicarli”, chiedendo aiuto ad adulti di riferimento. Senza contare la fondamentale componente di formazione della generazione futura, che avrà più strumenti per gestire correttamente la relazione con i bambini.
Un secondo livello è quello dell’identificazione dei territori dove c’è più bisogno di intervento. Oggi sono le periferie delle grandi città, luoghi dove è molto difficile coltivare opportunità e sfuggire da un destino che sembra già segnato. Il mio compito è conoscere e creare relazioni con le associazioni e gli enti del territorio che si occupano di protezione dell’infanzia; lavorando in partnership con loro possiamo ampliare il nostro raggio d’azione: le attività coinvolgono ovviamente i bambini e le famiglie, ma anche le scuole e le altre realtà a contatto con i bambini. L’obiettivo è agire sull’intera comunità, per promuovere una rinnovata cultura dell’infanzia, e perché tutti si sentano chiamati in causa nel garantire protezione al bambino.
Poi chiaramente c’è la progettazione degli interventi e il coordinamento operativo. Le attività di Cesvi oggi si concentrano su quattro città: Bergamo, Rieti, Napoli e Bari.
D: Gli interventi di cui parli ruotano attorno al contrasto e alla prevenzione del maltrattamento infantile. Quali sono le difficoltà nel trattare il fenomeno, e qual è l’approccio utilizzato da Cesvi per arginarlo?
R: La difficoltà più grande sta nell’intercettarlo perché, verificandosi all’interno di relazioni di fiducia con un adulto di riferimento, per il bambino è particolarmente faticoso riconoscere e denunciare le situazioni problematiche; c’è più timore a parlarne, e il timore non è solo della vittima, ma potenzialmente anche degli altri adulti in condizioni di denunciare. Per questo educare e sensibilizzare la comunità è così importante: le stime ci dicono che per ogni caso di maltrattamento conosciuto 9 rimangano sommersi. La comunità può fornire un contributo a farli venire a galla.
La rottura del rapporto di fiducia ha conseguenze sul futuro del bambino, perché questo tenderà a proiettarne gli effetti su tutto il mondo adulto con cui si relaziona. Gli spazi di ascolto che supportiamo con i nostri progetti servono, tra le altre cose, a far ritrovare al bambino la fiducia persa. In questo modo riusciamo anche a intercettare eventuali nuovi episodi di maltrattamento, e a fornire ai bambini in situazioni a rischio gli strumenti per capire e segnalare se qualcosa non va.
Questa premessa aiuta già a farsi un’idea dell’approccio utilizzato da Cesvi: è ecologico, perché non lavora solo con il bambino, ma con tutto l’ecosistema con cui interagisce; è partecipativo, perché coinvolge attivamente i beneficiari, dando largo spazio all’ascolto e alla loro iniziativa personale; è orientato all’empowerment, tanto dei bambini e dei genitori quanto degli operatori del settore, nell’ottica di rendere in futuro l’intervento sostenibile; crea relazioni, a livello locale tra pubblico e privato e a livello nazionale tra le realtà della rete IoConto, che mira a incentivare lo scambio di buone pratiche per la protezione dell’infanzia.
D: Concludiamo pensando in grande: come sarebbe il mondo se nessun bambino venisse maltrattato?
R: Un mondo senza maltrattamento è un mondo in cui i bambini sono più liberi di coltivare aspirazioni. È un mondo in cui è più facile per loro sognare un futuro diverso, ed è più facile persino realizzarlo. In questo mondo ideale la trasmissione intergenerazionale del maltrattamento potrebbe essere finalmente interrotta, e garantire il benessere ai bambini sarebbe responsabilità di tutti.
Questo per dire quanto l’essere vittima di maltrattamento durante l’infanzia possa condizionare l’intera vita di un bambino. Un bambino che subisce maltrattamenti ha più probabilità di sviluppare problematiche di salute come ritardi nello sviluppo cognitivo, dipendenza da sostanze o disturbi alimentari; per lui o lei sarà più difficile portare a termine il proprio percorso scolastico e accedere al mondo del lavoro. E, aspetto ancora più sconfortante, un bambino che ha subito maltrattamenti corre il rischio di reiterare a sua volta comportamenti simili da adulto.
Ciò non significa che lo sguardo sia rivolto solo al futuro del bambino, e a quanto potrà essere felice e realizzato come adulto. Prima ancora di questo viene il diritto a vivere un’infanzia felice, un diritto che viene negato quando il bambino è vittima di maltrattamenti. L’infanzia non è solo un momento biologico, è anche un’esperienza, un periodo della vita unico e irripetibile. Tutti i bambini hanno diritto a viverlo, e gli adulti devono farsi garanti di questo diritto.
L’impegno di Cesvi per il diritto all’infanzia dei bambini più vulnerabili è al centro della campagna #LiberiTutti, che fino a Natale potrai sostenere con un sms da 2 euro o chiamata da rete fissa da 5 o 10 euro al 45535, o ancora acquistando su liberituttishop.cesvi.org la t-shirt d’autore firmata da Pep Marchegiani.