Un piccolo punto al centro del mondo: questo sembra il Niger al primo sguardo.
In realtà si tratta di uno dei Paesi più estesi del continente africano, diviso tra il deserto del Sahara e il Sahel, una fascia di territorio dell’Africa sub-sahariana, oggi particolarmente colpita dai drammatici effetti del cambiamento climatico.
Il Niger da anni soffre di una continua instabilità politica, problemi di terrorismo e conflitti armati, nonché gravi livelli di fame e malnutrizione, soprattutto infantile, ed è il fanalino di coda dei 189 paesi dell’Indice di Sviluppo Umano (GHI 2019).
Ma la povertà e la fame non ferma la generosità di questa terra, che negli ultimi anni ha accolto rifugiati di Burkina Faso, Mali, Nigeria e Ciad, dove gli scontri armati e il terrorismo di Boko Haram hanno costretto le popolazioni a trovare riparo nei Paesi limitrofi. In qualità di comunità ospitante, il Niger sta faticosamente dando supporto ai rifugiati, senza però dimenticare i bisogni dei nigerini, già altamente vulnerabili anche a causa del cambiamento climatico.
Tra le zone di accoglienza, la regione di Diffa è la più sprovvista di mezzi, soprattutto in campo agricolo. La carenza di competenze tecniche e strumenti adeguati sono le principali cause dell’insicurezza alimentare e della malnutrizione, che ogni anno mietono vittime principalmente tra i bambini.
Inoltre dal 2015 la regione è vittima delle violente incursioni di Boko Haram, e questo rende ancora più difficile e instabile lavorare e vivere in sicurezza.
In questo difficile contesto, Cesvi e Welthungerhilfe – membri del network europeo Alliance2015 – hanno dato vita a un progetto di sostegno per le famiglie dei comuni di Diffa e Gueskérou. Grazie al sostegno dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) oltre 3.500 famiglie (quasi 25.000 persone) hanno acquisito nuove competenze utili a migliorare la produzione agricola (in qualità e quantità), sfruttando le tecniche di ottimizzazione del raccolto per mitigare gli effetti drammatici del cambiamento climatico e andare incontro ai bisogni delle famiglie che hanno meno risorse economiche, incluse quelle dei rifugiati.
Sono stati realizzati i jardins en sac (coltivazione senza terra che assicura la produzione permanente di ortaggi) coinvolgendo gli abitanti di 9 villaggi, incluso 1.000 famiglie senza accesso alla terra (generalmente rifugiati e sfollati interni), e fornendo materiale e strumenti (borse, semi, attrezzature) per la gestione a lungo termine dei nuovi orti.
Atcha Malam Fantami, 30 anni, nigeriana, scappata dal suo Paese a causa dei continui attacchi di Boko Haram, è una delle donne coinvolte nei jardins en sac.
“Vengo dalla Nigeria, dove vivevo con mio marito e i nostri 6 piccoli. Adesso abitiamo nel distretto di Gueskerou, io sono un’artigiana, realizzo stuoie. Mio marito invece è un contadino, ma all’inizio era impossibile avere accesso alla terra qui in Niger”.
“Grazie al progetto abbiamo avuto accesso al programma di micro credito per coltivare ortaggi anche in assenza di terreno, i jardins en sac, e adesso siamo più sereni, i nostri figli mangiano tutti i giorni e possiamo accedere ai buoni alimentari stagionali”.
Grazie al sistema dei buoni alimentari è possibile garantire un’alimentazione adeguata e differenziata a ogni famiglia nel periodo giugno – settembre, quando la produzione agricola è molto scarsa.
Atcha Malam Fantami partecipa anche al programma di recupero dei terreni degradati (Bio-Reclamation of Degraded Lands), per bonificare lembi di terra considerati ormai improduttivi. Insieme ad altre 200 donne, lavora per aumentare il reddito della propria famiglia e migliorare la qualità del cibo.
La giovane madre adesso guarda con speranza al futuro: “Il Niger è la mia nuova casa, ma prego nel mio cuore che torni la pace, che la mia famiglia trovi serenità, e che la Nigeria superi ogni dolore”.