GHI 2017: i numeri della fame nel mondo

Gli abitanti di un villaggio nel Myanmar nord-occidentale protestano contro un progetto di estrazione del rame che ha portato all’espropriazione di terreni. Credits: Soe Zeya Tun/REUTERS 2013.

È ancora lontano dall’essere raggiunto l’Obiettivo Fame Zero previsto dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile entro il 2030. Sono 52 i Paesi nel mondo il cui livello di fame resta grave e allarmante. Tra questi molti Paesi dell’Asia meridionale e dell’Africa subsahariana, i cui livelli destano significativa preoccupazione. È il quadro che emerge dall’ultimo Indice Globale della Fame (GHI) 2017, redatto da IFPRI in collaborazione con Concern Worldwide e Welthungerhilfe e curato da Cesvi nella sua edizione italiana.

I numeri

Il GHI 2017 evidenzia che, benché il livello di fame globale sia sceso del 27% dal 2000 a oggi, tuttora nel mondo ci sono 815 milioni di persone che non hanno accesso al cibo. A registrare i livelli più preoccupanti di insicurezza alimentare sono soprattutto i Paesi colpiti da guerre civili e instabilità politica. Nello Yemen e in 7 paesi a sud del Sahara – Repubblica centroafricana, Ciad, Liberia, Madagascar, Sierra Leone, Sudan e Zambia – si sono susseguiti negli ultimi anni conflitti armati che hanno avuto pesanti ripercussioni sulla sicurezza alimentare. Mancano inoltre all’appello i dati sufficienti per calcolare il punteggio di fame per ben 13 Paesi.

I grandi assenti

Tra i Paesi per cui non è stato possibile calcolare il punteggio di Indice Globale della Fame ricordiamo la Libia, già colpita duramente da una guerra civile e da un instabilità politica che incide negativamente sulla sicurezza alimentare; la Somalia, che dopo la carestia del 2011 è di nuovo sull’orlo di una catastrofe, complice la grave siccità e l’impossibilità di fornire un’adeguata assistenza umanitaria a circa 3 milioni di persone; il Sud Sudan, dove dal 2013 infiamma una brutale guerra civile e una grave carestia che interessa quasi 6 milioni di persone; infine la Siria, entrata quest’anno nel settimo anno di una guerra civile che aggrava ulteriormente l’emergenza fame.

L’impegno contro la fame

La fame rappresenta uno dei problemi più gravi che affiggono l’umanità, più dell’azione combinata di malattie come AIDS, tubercolosi o malaria. È un’emergenza globale che interessa ancora troppe persone nel mondo e si concentra soprattutto in alcuni particolari territori. Negli ultimi anni molto è stato fatto per intervenire sulla condizione di migliaia di persone che soffrono quotidianamente la fame e la malnutrizione, ma possiamo e dobbiamo impegnarci affinché l’Obiettivo Fame Zero venga raggiunto entro il 2030 – ha dichiarato Daniela Bernacchi, Direttore Generale di Cesvi, che prosegue – Per questo il Cesvi è costantemente impegnato nella lotta alla fame con progetti proprio in quei Paesi del mondo dove è difficile anche definire i contorni stessi di questa emergenza globale”.

All’origine della fame: le disuguaglianze

Anche se la produzione alimentare globale è sufficiente a nutrire il mondo, la fame è in gran parte il prodotto di gravi disuguaglianze. L’Indice Globale della Fame 2017 analizza come le disuguaglianze basate sull’appartenenza etnica, sulla provenienza geografica (aree rurali o urbane), sul genere, sullo status socio-economico o sull’accesso al potere, influenzano direttamente lo status nutrizionale di una persona. Né la fame né le disuguaglianze sono inevitabili: affondano entrambe le radici in relazioni di potere disuguali, spesso perpetuate e aggravate da leggi, politiche, atteggiamenti e pratiche.

 

Scarica il report 2017.

Per saperne di più, visita il sito ufficiale indiceglobaledellafame.org.

 

Foto di copertina: Soe Zeya Tun/REUTERS 2013.