Haiti: 7 anni dopo il sisma, 100 giorni dopo l’uragano

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12 gennaio 2017: oggi ricorre il 7° anniversario del terremoto che devastò Haiti nel 2010. Ph. Nicolò Lanfranchi.

Sette anni dopo il terremoto del 12 gennaio 2010, il più forte mai registrato nell’emisfero occidentale, Haiti celebra un altro tragico anniversario: 100 giorni dal passaggio dell’uragano Matthew.

Ad Haiti il sisma del gennaio 2010 causò la morte di oltre 220mila persone e 3 milioni di sfollati. In un solo minuto, la scossa di magnitudo 7,3 sulla Scala Richter distrusse abitazioni, scuole, strade, ospedali e tutte le già fragili infrastrutture.

Nella notte tra il 3 e il 4 ottobre 2016, l’uragano Matthew, uno dei più potenti degli ultimi decenni con raffiche di vento a più di 200 chilometri orari, ha riportato il terrore sull’isola provocando 900 vittime e travolgendo la vita di 300.000 persone.

L’ultimo capitolo di una storia di disastri, naturali e non, che sembrano non dare pace a un Paese che nell’Indice di Sviluppo Umano si colloca al 162° posto su 186.

Quello che Matthew si è lasciato alle spalle nelle regioni più colpite, il Dipartimento Sud e soprattutto la Grand’Anse, è uno scenario apocalittico fatto di alberi abbattuti, tetti scoperchiati, macerie di case crollate, fango, spazzatura. E un rischio altissimo: la diffusione di epidemie di colera.

“Per questo nella prima fase del nostro intervento”, spiega Daniela Bernacchi, amministratore delegato di Cesvi, organizzazione umanitaria presente ad Haiti fin dal 2009, “ci siamo concentrati sulle attività igienico-sanitarie, ripulendo le latrine e distribuendo kit igienici e pastiglie per la depurazione dell’acqua”.

“Oggi continuiamo le distribuzioni di cibo e generi di prima necessità nell’area di Jérémie, il capoluogo della Grand’Anse”, prosegue Bernacchi, “La popolazione è stanca ed esasperata, l’uragano ha spazzato via i raccolti e distrutto le sementi: la vita degli haitiani, in questo momento, dipende dagli aiuti alimentari delle ONG. Basta poco per scatenare tensioni e violenza. Ma il rapporto che abbiamo saputo costruire con le comunità locali ci mette al riparo da questi episodi, sentiamo che la gente si fida di noi”.

Per cercare di prevenire i disastri naturali e mitigare gli effetti del cambiamento climatico, dal 2013 Cesvi opera anche a Les Cayes, nel Dipartimento Sud, grazie al sostegno di ECHO, l’Ufficio Aiuti Umanitari dell’Unione Europea.

Tra le attività, la costruzione di pozzi che forniscono acqua pulita a 2.600 persone e di muretti a secco. “Può sembrare banale”, spiega Laura Marchisio, project manager di Cesvi a Les Cayes, “ma i muretti hanno salvato la sorti di 1.620 famiglie resistendo alla violenza dell’uragano Matthew”.

Un tempo, le piogge forti provocavano frane spazzando via i raccolti e distruggendo le strade. I muretti a secco sono stati in grado di canalizzare le acque e contenere gli smottamenti, evitando le frane e il conseguente sradicamento delle piante. “E così, nonostante l’uragano, le strade sono rimaste intatte e le coltivazioni sono salve”, sottolinea Laura.

Un’altra attività sostenuta dall’Unione Europea vede il coinvolgimento delle comunità locali in lavori socialmente utili attraverso il cash for work. Uno di questi è la costruzione di canali per la raccolta dell’acqua piovana, che vengono riempiti e poi svuotati per bagnare la terra. In queste zone è impossibile realizzare un sistema d’irrigazione e ci si affida alle piogge: la semina si effettua subito dopo la stagione monsonica e si prediligono piante dalle radici forti. Cesvi insegna inoltre tecniche utili per conservare il suolo e per coltivare in modo più efficiente, valorizzando il ruolo delle donne.

Infine, l’impegno nei confronti dell’infanzia, iniziato all’indomani del terremoto del 2010.

Nella capitale Port-au-Prince, Cesvi ha creato una Casa del Sorriso che è frequentata ogni giorno da 300 bambini: la struttura include un parco giochi, spazi per attività ludiche e ricreative e una scuola formale che arriva fino alla settima classe.

Si trova nel quartiere di Cité Soleil a ridosso della bidonville di Wharf Jérémie,un’area molto povera e degradata, dominata da un’enorme discarica, dove i bambini sono esposti ad ogni genere di rischio: droga, alcol, prostituzione, violenza.

La Casa rappresenta per loro una vera e propria oasi di serenità, un luogo in cui si sentono accolti e protetti, giocano, ricevono cure e soprattutto studiano con dedizione, nella speranza che il futuro possa essere migliore.

 

Foto di copertina: Nicolò Lanfranchi