di Federico Centenari, tratto da Mondo Padano del 25/2/13
Paolo Felice lavora in Mozambico, come rappresentante del Cesvi e capoprogetto in settori come agricoltura di sviluppo, gestione delle risorse naturali, igiene e sanità pubblica. Lo abbiamo contattato per una testimonianza diretta su un’emergenza alla quale i media hanno dedicato pochissimo spazio.
Che genere di emergenza state affrontando in queste settimane?
La piena del fiume Limpopo, che scorre dal Sudafrica e sfocia nel Mozambico meridionale, ha provocato allagamenti in tutto il basso bacino del fiume, che corrisponde alla Provincia di Gaza. Ci sono diverse stime riguardo al numero di persone colpite gravemente dall’alluvione. Le Nazioni Unite parlano di circa 250.000 sfollati, per il governo si arriva addirittura a 350.000. Il conto delle vite umane perse è al momento di circa 40.
La popolazione come sta reagendo?
L’intera area di Chokwe (circa 200.000 abitanti) è stata completamente svuotata e decine di migliaia di persone si ammassano in una decina di punti di raccolta in tutta la provincia. Queste persone hanno perso quasi tutto e vivono letteralmente sotto gli alberi, in assenza delle minime condizioni igieniche necessarie. Il cibo che ricevono proviene dal PAM (Programma Alimentare Mondiale) e consiste spesso in una sola razione quotidiana di cereali.
Da quanto si protrae questa situazione?
Siamo alla terza settimana di crisi e la stagione delle piogge si prevede che duri fino almeno alla metà di aprile con rischio di nuovi allagamenti.
Dunque come state operando in concreto?
Il Cesvi in Mozambico è specializzato in attività di agricoltura e sicurezza alimentare. Considerando che siamo nel pieno della stagione agricola, molte colture di sussistenza sono state sommerse e si prevedono periodi prolungati di carenza alimentare nei prossimi mesi. Stiamo raccogliendo i necessari dati per poter intervenire al più presto in questo specifico settore, ad esempio con distribuzione di sementi e attrezzi agricoli.
Temete il diffondersi di epidemie?
Purtroppo sì. La popolazione spesso beve acqua di fiume inquinata dalle deiezioni umane ed è in qualche caso costretta a nutrirsi con il cibo andato a male che era contenuto nei magazzini ora allagati. Tutto questo ci porta a pensare che si possa andare incontro ad epidemie di malattie gastroenteriche, compreso il colera.
Senta, perché a livello internazionale si sta parlando poco o niente di questa emergenza?
In parte per assuefazione alle emergenze in generale, in parte perché le crisi, in queste zone del mondo, sono spesso dimenticate, a differenza di quello che succede per il resto del pianeta. Gli allagamenti di questi giorni nelle isole Salomone, ad esempio, pur essendo di minore entità ricevono molta più attenzione.
Quanti italiani operano nella sua zona?
Stimo che gli operatori umanitari e di cooperazione italiani in Mozambico si aggirino intorno ai 40. Per il Cesvi al momento siamo tre italiani in questo Paese.
Con quali altre associazioni internazionali siete in contatto?
Lavoriamo a stretto contatto con PAM e FAO e siamo partner di Unione Europea, Cooperazione Italiana, Conservation International e altri.
Da Cremona all’Africa. Cosa l’ha spinta a intraprendere questa vita?
La possibilità di dare un contributo, per quanto piccolo, alla riduzione delle disuguaglianze economiche e sociali, purtroppo sempre più diffuse ovunque. L’attività dell’associazione cresce col tempo, al punto che nel 1997 il Cesvi è la prima Ong occidentale a operare in Corea del Nord, Paese stremato dalla carestia. Tra il 2010 e il 2012, poi, opera sostanzialmente in tutti i principali contesti d’emergenza internazionali, dal terremoto di Haiti alle inondazioni in Pakistan, alla guerra in Libia, fino alla carestia nel Corno d’Africa. Sono in prima linea da dodici anni, per “dare il mio contributo alla riduzione degli squilibri sociali”.
Cosa può fare chi vorrebbe darvi una mano?
Per contribuire ci si può mettere in contatto con il Cesvi. Ogni donazione, anche piccola, è importante per dare un aiuto concreto a queste popolazioni.
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Cover photo: Una donna raccoglie l’acqua nel campo sfollati di Chaquelane vicino alla città di Chokwe duramente colpita dalle alluvioni, nel sud del Mozambico. Foto REUTERS/Agnieszka Flak per gentile concessione di http://www.trust.org