Uganda, Palabek: il rifugio fragile di chi fugge dalla guerra

Di Roberto Vignola

Ogni giorno, sotto il sole cocente, uomini, donne e bambini arrivano esausti al confine settentrionale con l’Uganda, portando con sé tutto ciò che hanno: qualche vestito, qualche pentola e il peso insopportabile della guerra. Fuggono dal Sud Sudan, un Paese segnato da anni di conflitti e violenze che hanno spinto milioni di persone a lasciare la propria casa. Alcuni hanno camminato per settimane, sfidando fame e pericoli, altri hanno trovato passaggi occasionali su camion sovraccarichi. Il loro viaggio è stato una lotta per la sopravvivenza e per molti la cittadina di Palabek, in Uganda, rappresenta l’ultima speranza.

Insieme alle colleghe e ad Alessio Boni, attore, amico e ambasciatore di CESVI, siamo stati in Uganda e abbiamo visto con i nostri occhi queste persone giungere al campo, con il volto provato dalla fatica e gli occhi spaventati dagli orrori vissuti. Occhi di giovani sotto i 30 anni, di bambini in fuga senza i genitori in cerca di un futuro in un Paese dove vivere in pace. Abbiamo camminato accanto a loro, ascoltato le loro storie di fuga, condiviso il momento in cui hanno ricevuto il primo aiuto e trovato uno spazio dove poter costruire la loro casa e iniziare una nuova vita. Li abbiamo accompagnati fino al posto che viene loro assegnato dal sistema di aiuti delle organizzazioni come CESVI. Qui, abbiamo partecipato alla distribuzione degli aiuti cercando di far sentire loro che non erano soli. Tutti i rifugiati sud sudanesi, una volta arrivati al campo, vengono accolti dalle autorità locali e dagli operatori umanitari. Dopo il censimento ogni famiglia riceve un primo kit di emergenza con cibo, acqua, coperte, teli per costruire un riparo. Ma la strada per la stabilità è lunga. I nuovi arrivati vengono poi accompagnati nelle aree assegnate, dove spesso li attende solo un pezzo di terra brulla. È qui che inizia la vera sfida: costruire un rifugio con le proprie mani, trovare cibo sufficiente, proteggere i propri figli.

In questo scenario CESVI è presente per offrire più di una semplice assistenza d’emergenza: lavora per restituire dignità e speranza, affinché ogni famiglia non sia solo un numero, ma una storia che merita ascolto e sostegno.

Nel campo di Palabek vivono oltre 65.000 rifugiati e la crisi umanitaria si fa ogni giorno più grave. La scarsità di cibo è una delle principali emergenze: le razioni alimentari fornite sono state drasticamente ridotte a causa del calo dei finanziamenti americani e internazionali. Le famiglie ricevono quantità sempre più esigue di cereali, legumi e olio, insufficienti a coprire il fabbisogno calorico giornaliero. Per far fronte a questa scarsità di mezzi e incentivare le famiglie a trovare alternative, CESVI ha avviato programmi di agricoltura sostenibile, insegnando ai rifugiati a coltivare ortaggi e cereali per il proprio consumo e per la vendita nei mercati locali. Alle famiglie vengono distribuite sementi e attrezzi agricoli, insieme a formazioni su tecniche di coltivazione che consentono un minimo di produttività anche in un contesto in cui i cambiamenti climatici fanno seguire il drammatico ciclo di siccità e inondazioni. CESVI ha anche sviluppato progetti di irrigazione su piccola scala, come il sistema di micro-irrigazione installato in alcune aree del campo, per garantire una produzione costante anche durante la stagione secca. Accanto all’agricoltura, CESVI sostiene la creazione di attività generatrici di reddito: le donne, in particolare, ricevono formazione per avviare piccole imprese, come la produzione di saponi, la tessitura e la vendita di prodotti alimentari. Queste attività non solo garantiscono un reddito, ma permettono ai rifugiati di recuperare fiducia e indipendenza.

Dietro ogni numero, dietro ogni statistica, ci sono storie di coraggio e sopravvivenza. Christine è la madre affidataria di 7 bambini. Tre di questi bambini li ha incontrati, soli, durante la fuga dalle violenze nel suo villaggio e ha deciso di prendersene cura e portarli in Uganda con sè. Per mesi ha vissuto di elemosina, cercando disperatamente un modo per nutrire i suoi figli. Poi, attraverso CESVI, ha ricevuto una formazione agricola e sementi per coltivare manioca e arachidi. Migliorando la propria condizione Christine ha deciso di adottare altri 4 bambini rimasti orfani.  Oggi grazie al lavoro non solo ha abbastanza cibo, ma riesce anche a vendere parte del raccolto al mercato locale, guadagnando il necessario per comprare vestiti e materiale scolastico per i figli.

Sono tante le donne forti che si prendono cura con dedizione dei loro bambini affetti da malnutrizione come Acayo, una giovane madre con disabilità, costretta a fuggire dalla guerra con il suo bambino sulle spalle. Per chi ha difficoltà motorie, la vita nel campo è ancora più dura: spostarsi, procurarsi il cibo, costruire un riparo diventa un’impresa titanica. Ben due dei suoi figli hanno evidenti segni di malnutrizione: il polso di circonferenza inferiore a 7 centimetri, la pancia gonfia, una statura evidentemente non proporzionale all’età. CESVI ha aiutato Acayo con un sostegno personalizzato, garantendole un alloggio più sicuro e una rete di supporto per i bisogni quotidiani, tra cui servizi di assistenza per i suoi figli. Acayo ha anche ricevuto materiali per avviare una piccola attività di cucito.

Ogni giorno, nuove famiglie arrivano a Palabek in cerca di speranza. Ma senza il sostegno di chi crede nella solidarietà, questo lavoro non sarebbe possibile. Sostenere CESVI, in un contesto in cui i potenti del mondo tagliano gli aiuti umanitari, significa garantire cibo, protezione e opportunità a chi ha perso tutto. Significa offrire un futuro a donne come Christine e Acayo e ai loro figli che, con il nostro aiuto, possono ricostruire la propria vita con dignità.

Palabek è il simbolo di un’umanità che resiste. E insieme, possiamo continuare a essere la loro speranza. DONA ORA.