di Valentina Prati, foto di Fabio Cuttica
Stiamo per atterrare a Puerto Maldonado. Mi sposto da un finestrino all’altro del piccolo aereo, ma la foresta amazzonica, grande protagonista di questo viaggio, si nasconde sotto una coltre di nubi grigie.
L’itinerario toccherà tutti i tasselli del lavoro di Cesvi nella regione di Madre de Dios, svelando la complessità che caratterizza il nostro intervento, gestito da professionisti preparati che si impegnano con passione affinché ogni elemento funzioni in armonia nel variegato contesto umano, sociale e ambientale che li circonda.
Cesvi lavora nella foresta amazzonica peruviana dalla fine degli anni ’80, concentrandosi sull’albero della noce amazzonica, che presenta una filiera di raccolta e commercializzazione dalle buone potenzialità economiche. L’albero della “castagna” è un albero antico, ci sono esemplari di età compresa tra gli 800 e i 1.000 anni; è uno tra i più alti della foresta, arrivando a toccare i 60 metri; è un albero “sensibile”, che riduce la sua presenza laddove il bosco è più degradato. Il frutto, detto castagna, noce amazzonica o noce del Brasile, si presenta a forma di cocco e contiene fino a 60 gherigli di noci oleose ricche di selenio e grassi insaturi, importanti per tenere basso il livello di colesterolo nel sangue.
La castagna è raccolta da famiglie come quella di Osvaldo, che vive ai margini della foresta in una casa di legno sotto il cui portico la moglie sbuccia tranquilla le noci. Quello della raccolta è un lavoro faticosissimo, che prevede, tra l’altro, il trasporto a spalle di un sacco di 70 kg di noci lungo i sentieri della foresta.
I produttori si riuniscono in enti come AFIMAD, federazione composta da abitanti delle comunità native creata nell’ambito di un precedente progetto di Cesvi. Parliamo con il suo fondatore, Martìn: ci racconta che Cesvi, oltre ad averli aiutati a costituirsi in federazione, li ha supportati nell’ottenimento della certificazione organica della castagna – che garantisce agli agricoltori un compenso maggiore e più equo – e nella redazione di un piano di gestione che, se approvato dalla regione, permetterà loro di ottenere la concessione di un pezzo di foresta.
È da fabbriche come quella di ASCART, dove la castagna viene sgusciata, disidratata, pelata e impacchettata per la vendita, che i produttori ricevono il giusto guadagno per riuscire a pagare le spese, investire in infrastrutture per la produzione, mandare i figli a scuola. ASCART riceve il supporto di Cesvi nell’elaborazione di piani di gestione utili a reperire fondi e creare opportunità formative per i 29 membri dell’associazione. Le pelatrici sono quasi tutte donne: grazie a questo lavoro, acquisiscono potere economico e quindi decisionale all’interno della società. Stanno sedute tutte nella stessa stanza, dove le chiacchiere sono scandite dalla sgusciatrice che cade secca sui gusci delle noci, che devono essere rotti senza danneggiare la castagna all’interno.
Con Ronald, presidente dell’Istituto di Ricerca dell’Amazzonia Peruviana, visitiamo il “giardino dei cloni”, dove gli alberi più produttivi e resistenti di castagna crescono in file ordinate e separate, come piccoli soldatini pronti a vigilare sulla foresta. Cesvi ha fatto da ponte tra questa istituzione e i piccoli produttori che possono così contare su tecniche agroforestali in grado di preservare l’integrità del bosco necessaria alla sopravvivenza della castagna.
La parte migliore di questi incontri è vedere l’accoglienza riservata dalle comunità native ai miei colleghi locali: si percepisce stima, attaccamento sincero, fiducia. È una relazione collaborativa, alla pari. Ed è proprio questa atmosfera di festa, condita dalla consapevolezza dell’aiuto concreto offerto a queste famiglie, che mi fa pensare che il nostro sia il lavoro più bello del mondo.