Migliaia di bambini in Libia non possono frequentare la scuola perché durante il conflitto la maggior parte degli edifici scolastici è stato fortemente danneggiato o adibito ad alloggio di fortuna, destinato agli oltre 200.000 sfollati a causa del conflitto interno (UNHCR, 2018). Quasi il 50% delle famiglie rifugiatesi a Tripoli non sono in grado di mandare i propri figli a scuola a causa di barriere linguistiche o burocratiche, mentre nei campi profughi la percentuale scende a un comunque preoccupante 30%.
Amal Abdi, 42 anni, è una delle 40.000 persone che nel 2011 sono state costrette ad abbandonare la città di Tawergha, accusata dalle forze anti-Gheddafi di essere schierata a favore dell’ex dittatore. Insieme al marito, ai 3 figli e ad altre 370 famiglie si è ristabilita nel campo di Tarik al Matar a Tripoli. Qui i bambini frequentavano una scuola fatiscente, senza bagni, acqua corrente, libri e insegnanti: spesso la mancanza di personale era totale e l’edificio restava chiuso.
Nel febbraio del 2018, la milizia a capo del campo ha iniziato a fare pressioni affinché venisse evacuato. “Le minacce sono aumentate fino al giorno in cui i ribelli sono entrati nel campo con i bulldozer e hanno cominciato a sparare a casaccio: siamo dovuti scappare via per evitare i proiettili”. Insieme ad altre 50 famiglie, gli Abdi si sono stabiliti in uno spiazzo un tempo adibito a parcheggio e privo di qualsiasi servizio: niente corrente elettrica, niente acqua, niente scuole e niente aree gioco per i più piccoli.
Amal era angosciata dalle sorti che potevano toccare ai suoi figli: temeva per la loro incolumità e per le ripercussioni della mancanza di educazione e di occasioni di svago sulla loro crescita. Dopo l’evacuazione del campo, Cesvi ha organizzato incontri di supporto psicosociale per adulti e attività ricreative per bambini; con il tempo, grazie al progetto “Supporto psicologico ed educazione di recupero per bambini sfollati e rifugiati a Tripoli e nei campi Tawergha” finanziato da UNICEF, queste attività si sono strutturate in incontri sulla genitorialità positiva e sui diritti dei bambini dedicate ai genitori e iniziative educative riservate ai bambini.
“Mio figlio Ali ha 10 anni e, ora che non viviamo più nel campo profughi, è iscritto a una scuola più lontana che sta in città: questa funziona, ma è troppo disorganizzata e sovraffollata perché l’insegnamento sia realmente efficace. Le sue insegnanti mi hanno consigliato di iscriverlo ai corsi di recupero di Arabo e Inglese organizzati nel Centro Sociale di Cesvi, in modo che possa colmare le lacune in queste materie: la scuola non ha modo di supportare i bambini che hanno difficoltà nello studio, quindi i corsi di supporto sono una grande opportunità per noi. E infatti i suoi voti sono migliorati, e lui è più sereno e tranquillo”.
Ma i corsi educativi non sono il solo modo in cui Cesvi riesce a supportare la famiglia Abdi. “Sto partecipando a incontri di gruppo insieme a una quindicina di altri genitori con cui affronto diverse tematiche come il nostro ruolo educativo e gli effetti della violenza sullo sviluppo dei nostri figli, e tante altre tematiche in cui è difficile orientarsi da soli. È molto utile per me parlare con altre persone nella mia stessa situazione, perché posso confrontare la mia esperienza con quella di altri e trovare sollievo dalle costanti preoccupazioni quotidiane”.
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“Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti” è l’obiettivo che si prefissa l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. Ad oggi, però, sono ancora 303 i milioni di bambini e adolescenti che non hanno l’opportunità di accedere a servizi scolastici primari o di completare il loro percorso educativo. Povertà, discriminazione, conflitti armati e fenomeni migratori sono le cause principali dell’abbandono scolastico giovanile. 1 bambino su 3 che non frequenta la scuola vive in contesti di emergenza (dati Unicef). A questi bambini è dedicata la Giornata Internazionale dell’Educazione, istituita a dicembre 2018 dalle Nazioni Unite per celebrare l’importanza del ruolo dell’educazione nella creazione di una società sostenibile e resiliente.
Foto di copertina: Giovanni Diffidenti