Da anni la Sicilia rappresenta un crocevia per i flussi migratori attraverso il Mediterraneo centrale. Particolarmente interessata è la Sicilia orientale, dove è avvenuto il 60% (41.375) degli sbarchi di migranti. La Sicilia è anche la regione che ospita il maggior numero di Minori Stranieri Non Accompagnati (MSNA). Il 60% dei 18.303 MSNA censiti in Italia dal Ministero del Lavoro al 31/12/2017 è composto da giovani in transizione verso l’età adulta con urgenza di definire un proprio progetto di vita in vista dell’uscita dalle comunità di accoglienza. Favorire l’acquisizione di competenze nel settore agricolo e quindi l’inclusione sociale e l’occupazione per i Minori Stranieri Non Accompagnati (MSNA) e neomaggiorenni in Sicilia orientale è l’obiettivo del progetto “Integrazione è Futuro”, promosso da Cesvi e finanziato da Fondazione Prosolidar.
di Nicoletta Ianniello
“È un ragazzo dolce e apparentemente introverso” – mi spiega Roberto Li Calzi, titolare dell’azienda agricola dove Sadjo sta svolgendo il tirocinio formativo insieme ad un ragazzo nigeriano, Cima, nell’ambito del progetto Cesvi finanziato da Fondazione Prosolidar – “ma in realtà è molto determinato e sa quello che vuole”.
“Mi piace questo lavoro e voglio proseguire anche in futuro nel settore agricolo” – mi racconta il diretto interessato, Sadjo, 17 anni, della Guinea Conakry, mentre termina di preparare la salsa di pomodoro insieme a una volontaria francese e a una ragazza tedesca che ha deciso di trasferirsi qui per amore della Sicilia. “Risiedo nel centro di accoglienza per minori di Carlentini ma dal lunedì al venerdì Roberto mi dà la possibilità di alloggiare presso l’azienda, dove un vicino ha messo a disposizione una piccola casa che non veniva usata da anni. L’abbiamo risistemata tutti insieme”.
“La rete di relazioni che abbiamo costruito è il nostro bene più prezioso” – interviene Roberto, che è ideatore e fondatore del consorzio Le Galline Felici – “Questa è un’avventura umana unica, fatta di persone oneste che hanno deciso di mettersi in gioco. È una scommessa molto grossa basata sull’accoglienza intelligente, e non sull’assistenza: un’accoglienza che si alimenta del valore della diversità, del confronto, dello spirito di convivenza e della voglia di mettere in comune esperienze e risorse. Questo approccio è faticoso, ma produce tanta gioia, soddisfazione, bellezza”.
Sadjo è arrivato in Italia da solo all’inizio di luglio 2017, ma la sua fuga dalla Guinea Conakry è iniziata molto prima, nel febbraio 2016. “E dove sei stato per oltre un anno?” – gli domando sorpresa pensando tra me che all’epoca aveva soltanto 15 anni.
“Mi sono fermato per 8 mesi in Algeria, dove lavoravo come manovale e muratore” – mi spiega – “ma le cose non andavano bene e mi hanno proposto di spostarmi in Libia, dove avrei potuto guadagnare di più. Quel Paese, invece, si è rivelato un inferno. Ti possono aggredire e rapire in qualsiasi momento per ottenere soldi. È quello che è capitato a me: una sera camminavo per strada a Tripoli, stavo andando a comprare il couscous per la cena con altri due amici. Ci hanno preso e ci hanno sbattuto in prigione per tre mesi. La Libia non è un luogo in cui si può vivere”.
“Ma perché hai lasciato il tuo Paese?”, chiedo.
“I miei genitori sono morti. Non avevamo da mangiare”.
“Eri rimasto solo?”
“Ho due fratelli più grandi che vivono ancora in Guinea Conakry. Purtroppo le fatiche della vita li hanno portati a perdersi. Vagano per strada, non lavorano, non fanno niente. Io sognavo una vita migliore”.
“E adesso qual è il tuo sogno?”
“Il mio sogno è diventare un calciatore professionista ma so che è difficile. Per questo tengo i piedi per terra e mi impegno a diventare un bravo agricoltore. Voglio restare in Italia, la terra che mi ha accolto, in Sicilia o anche in altre zone di questo Paese”.
Foto di Emanuela Colombo