L’emergenza sociale dovuta al Covid-19 non si arresta. Sono migliaia gli anziani soli che continuano ad avere bisogno di aiuti concreti e supporto anche in questa fase, attraversata da nuovi lockdown e nuove complessità e paure.
A Bergamo, dove gli anziani costituiscono il 25% della popolazione, Cesvi è ancora al loro fianco e prosegue l’impegno in collaborazione con l’Assessorato alle Politiche sociali del Comune e i Consorzi Sol.Co Città Aperta e R.I.B.E.S. L’intervento è volto ad aiutare gli over 65 attraverso la consegna a domicilio della spesa e di farmaci, oltre che garantire servizi socioassistenziali e trasporto per visite mediche necessarie e supporto e orientamento telefonico. Il servizio è accessibile tramite un numero unico di Bergamo Aiuta (342 009 9675), che gli over 65 possono chiamare per richiedere supporto a domicilio per le necessità essenziali, ma anche ricevere aiuto sui servizi a disposizione del cittadino, informazioni sulle normative e le disposizioni per l’emergenza in corso.
L’intervento, che nei primi mesi di emergenza ha sostenuto oltre 1.300 anziani attraverso una rete capillare di volontari per la città, prosegue anche se con un ritmo meno vorticoso in questa seconda fase in cui gli anziani possono comunque muoversi, ma continuano ad avere necessità di essere supportati per i servizi essenziali.
Arianna Boroni ha 27 anni ed è una delle operatrici che rispondono al numero di emergenza attivo dal Lunedì al Venerdì dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 18 e ci racconta la sua esperienza e cosa si prova ad entrare in contatto con le persone più vulnerabili in questo delicato momento.
“Noi operatori che rispondiamo al numero orientiamo le persone verso la risposta più corretta al loro bisogno. Gli anziani chiamano il numero di emergenza per diversi motivi, ma principalmente chiedono supporto per la spesa e farmaci a domicilio, ma anche aiuto nel comprendere le disposizioni attive per contrastare il Covid-19. Nei primi mesi le numerose chiamate erano brevi e le persone chiedevano principalmente i servizi a domicilio; mentre ora le chiamate sono meno, ma il rapporto con gli anziani è cambiato, diventando sempre più approfondito con un maggiore livello di confidenza, scambio e ascolto. Desiderano confrontarsi con qualcuno, essere rassicurate, perché sono ancora molto spaventate. Con il passare dei mesi il servizio è cambiato ed è stato necessario introdurre il monitoraggio di alcuni anziani, sia su richiesta dei familiari che degli anziani stessi. Inoltre è stata perfezionata la risposta, abbiamo lavorato sulle informazioni a nostra disposizione, ampliando le nostre conoscenze per supportare al meglio chi ci chiamava.”
Il numero di emergenza ha messo in luce il forte bisogno delle persone più fragili di essere guidate e supportate da operatori competenti che rappresentano un importante punto di riferimento su cui contare. Sara Pezzotta, 31 anni, collega di Arianna racconta infatti l’importanza del ruolo dell’operatore che in molti casi adesso si sente quasi un componente della famiglia degli anziani con cui è entrata in contatto, che la chiamano per nome e si sentono rassicurati da questa confidenza.
“Credo che il ruolo dell’operatore sia fondamentale in questo momento storico. Ricevere accoglienza dall’altra parte del telefono in un momento in cui una solitudine forzata contraddistingue le giornate di molte persone, significa restituire vicinanza. Il virus ha colpito molte persone non solo dal punto di vista sanitario, ma anche sociale. Ha colpito le persone più fragili e sole. Questo lavoro mi fa sentire parte di una comunità che ha bisogno di essere ascoltata e rassicurata. Non c’è modo migliore di rassicurare una persona se non fornendogli delle indicazioni pratiche del sistema. I servizi sono tanti, cambiano di settimana in settimana in base, per questo il mio ruolo è tenere agganciati i cittadini a tutti questi cambiamenti. È far sentire al cittadino che oltre alla famiglia, possono esserci legami fuori, una rete, una comunità su cui contare. C’è qualche persona anziana che ormai conosce tutti i nomi delle operatrici che hanno lavorato per il servizio. ‘Ma sei la Sara o la Silvia? Ieri ho parlato con la Giovanna’ questo mi fa pensare che per qualcuno siamo stati una famiglia. Essere chiamata per nome, sapere che dall’altra parte la persona riconosce la voce e si ricorda di quello che le hai detto la volta precedente, mi fa provare appartenenza.”
Anche ora non possiamo lasciare sole le categorie più fragili che hanno ancora bisogno di tutto il nostro supporto. Sostieni i nostri interventi.
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