Occuparsi della Salute Mentale è oggi una delle urgenze del nostro tempo, anche nella vita di tutti i giorni. Ma lo è soprattutto nel corso delle emergenze umanitarie. In queste situazioni prendersi cura del benessere psicologico delle persone, affrontare e curare il trauma di quanto subito è una delle nostre priorità. Da quasi 40 anni ci occupiamo di emergenze umanitarie e oggi uno dei nostri focus principali in emergenza è quello di offrire sin dall’inizio servizi di supporto psicologico individuale e comunitario, formare professionisti, creare spazi di condivisione, sia per i bambini – con i Child Safe Space – che per gli adulti genitori e non. Lo stiamo facendo in Turchia e Siria a seguito del terremoto del febbraio scorso, come in Libia e Marocco, recentemente sconvolti da due terribili catastrofi naturali, dove stiamo attivando nuove progettualità in ambito psico-sociale.
In Ucraina rimaniamo al fianco della popolazione proprio attraverso interventi nel campo della salute mentale. In particolare nell’area di Bucha abbiamo istituito un centro per il sostegno psicosociale e formato operatori specializzati; creato un Child Safe Space per i bambini e le bambine; ristrutturato asili e scuole distrutte. In questa area abbiamo assistito 3.400 minori e fornendo oltre 960 sessioni di supporto psicosociale.
Siamo presenti anche in altre aree del Paese come Kharkiv e Sumy dove ci occupiamo di supporto psicosociale, attraverso squadre mobili di psicologi, per poter raggiungere i villaggi più remoti, nell’ambito del progetto JERU (Joint Emergency Response in Ukraine) insieme ai nostri partner WHH e Concern di Alliance 2015. Il progetto fornisce inoltre aiuto economico alle famiglie colpite dalla guerra.
Nell’area di Kharkiv i bambini hanno subìto moltissimo l’impossibilità di uscire nel periodo dell’occupazione e oggi grazie alle attività di supporto psicologico di gruppo hanno l’opportunità di uscire e condividere del tempo con i propri coetanei, riconquistare il proprio spazio, lasciarsi andare e sentirsi al sicuro. “In una seduta” racconta Natalia, una delle psicologhe del progetto che si reca nei villaggi per le attività psicosociali “ho affidato ai bambini un compito: li ho invitati a abbracciare i loro genitori dopo il ritorno a casa e dirgli quanto li amano. Questo “esercizio” è piaciuto molto e ora è un gesto che i bambini compiono in maniera naturale”. Il gruppo è composto in media da 20 bambini di età compresa tra 4 e 15 anni. Gli psicologi approcciano i bambini in modo personalizzato ed elaborano un programma per seguirli. Attività creative, sport, ognuno ha le sue predilezioni che vengono assecondate.
Alcuni villaggi sono lontani e raggiungerli è difficile a causa delle strade accidentate, si trovano in aree molto più vicine al confine russo che al centro regionale. Nell’oblast di Kharkiv la scuola è ancora solo online a causa della costante minaccia di bombardamenti. Le sessioni di gruppo psicologiche sono una delle poche opportunità in cui i bambini possono ancora riunirsi, e spesso vengono interrotte dalle sirene di allarme aereo. Appena suona l’allarme, i bambini, accompagnati dagli adulti, corrono nel rifugio della scuola il più velocemente possibile. Qui tutti insieme nonostante la paura sembrano quasi felici e spesso intonano l’inno ucraino per darsi forza.
Il progetto vuole migliorare il benessere di 500 bambini di età compresa tra 5 e 14 anni, fornendo loro gli strumenti per affrontare ed elaborare esperienze stressanti e traumatiche. I bambini hanno ancora poche opportunità di socializzazione e comunicazione attiva ecco perché queste attività di gruppo li aiutano a ritrovare una sorta di normalità, imparando a convivere con la situazione vivendola anche in maniera leggera e divertente grazie all’aiuto degli operatori specializzati.