Trascrizione e adattamento dell’intervento di Cristina Parodi ai Children’s Days di Cesvi, foto di Roger Lo Guarro
Cristina, tu hai visitato tutte le Case del Sorriso. Cosa ti hanno lasciato questi viaggi?
Una grande ricchezza, che è la conoscenza. Un grande dolore, perché visitare le Case del Sorriso vuol dire vedere delle situazioni difficili, però d’altra parte anche grande forza e positività nel riconoscere come anche nei posti del mondo dove è più difficile vivere si possa creare un’oasi di serenità, quali sono questi luoghi.
Puoi farci un esempio?
Wharf Jeremie, ad Haiti, è certamente il posto più angosciante che ho visto. Lì la gente è abituata a vivere di aiuti, di sussistenza; è un luogo dove gli adulti non hanno più nessun tipo di sogno per il futuro, che non sia quello di cercare di sopravvivere in una situazione terrificante dal punto di vista della povertà e dell’igiene. Di fianco a questo slum c’è la Casa del Sorriso, dove i figli di queste persone sono puliti, vestiti, vanno a scuola, sorridono, giocano. Tutto questo è fondamentale per loro per capire che esiste una possibilità di vita diversa.
E delle altre Case del Sorriso nel mondo, cosa ci racconti?
Quella dello Zimbabwe è una delle prime che ho visitato. Lì ho incontrato delle donne con i loro bambini, ragazze madri di 14 o 15 anni, che nonostante tutto avevano un sogno, quello di riuscire ad acquistare un carretto per vendere i loro braccialetti. Avevano la speranza di poter continuare a vivere, di andare avanti, di riscattarsi.
In Perù ho visitato un centro residenziale per ragazze che a 14 anni erano state violentate, magari in casa, da parenti o da fratelli, e che comunque erano state allontanate. In questo centro, con i loro bambini, piccolissimi, potevano imparare a cucire, a cucinare, ma prima di tutto a diventare mamme, venendo accudite, seguite. Queste ragazze mi hanno raccontato le loro vite ma anche i loro sogni. Altre ragazze, che avevano già terminato questo percorso, venivano avviate alle professioni più diverse, con un futuro un po’ più sereno davanti a sé.
Invece in Brasile la Casa del Sorriso, nella favela di Manguinhos, è speciale perché offre anche l’insegnamento della musica; così i ragazzi evitano di finire per strada tra le bande criminali e lo spaccio della droga e possono anche coltivare un loro talento e provare a costruirsi una carriera in questo mondo.
Hai avuto la fortuna di poter fare, tanti anni fa, un viaggio in India con i tuoi figli. Cosa hanno imparato?
Che non tutti i bambini nascono nella parte del mondo in cui tutto sembra facile, tutto sembra accessibile e disponibile. Ci sono bambini che per andare a scuola devono faticare. Ci sono bambini come quelli che abbiamo conosciuto in India che se non avessero avuto la possibilità di entrare nella Casa del Sorriso sarebbero andati a lavorare in una fabbrica di mattoni.
Che cosa unisce le Case del Sorriso, situate in contesti così differenti?
In tutte le Case del Sorriso ho avuto testimonianza di quanto sia utile l’incredibile lavoro che fa Cesvi per i bambini, per cercare di strapparli a una vita segnata da povertà, da malattie, da abbandono e di fargli capire che c’è una strada diversa che possono percorrere. Le Case del Sorriso sono una realtà meravigliosa, dove i bambini riescono a ritrovare il sorriso, riescono a studiare, riescono davvero a coltivare ancora i sogni per il loro futuro.
Quale sogno hai per i bambini delle Case del Sorriso e più in generale del mondo?
In tutto il mondo purtroppo il diritto a vivere l’infanzia serenamente, che dovrebbe essere condiviso da tutti i bambini, non esiste. Il mio sogno da donna e da mamma è che tutti i bambini possano vivere serenamente, possano avere dei sogni per continuare la loro vita e costruirla in piena libertà.