di Flavio Lovisolo, testo scritto in collaborazione con Federica Marsi
tratto da Huffington Post
Quando è arrivato al convento di Joon, in Libano, Victor Shedid pensava di fermarsi un paio di settimane. Stava preparando i documenti per raggiungere uno zio a Vienna, dove avrebbe iniziato la sua nuova vita. Il visto non è mai arrivato, e oggi sono più di due anni che il venticinquenne ha messo in pausa la sua esistenza.
Per i siriani, il Libano è un’oasi di pace che impone però una rinuncia ai propri diritti di cittadino. I rifugiati non hanno accesso legale al mercato del lavoro, cosa che li costringe a dipendere dagli aiuti o fare affidamento sui risparmi di una vita. “Ho studiato informatica e sogno un giorno di trovare lavoro in questo campo”, dice Victor.
Con il sostegno della Cooperazione italiana, Victor ha dato un senso alla sua permanenza in Libano lavorando con Cesvi nella selezione e nel sostegno delle famiglie beneficiarie del progetto di impiego rapido che si è svolto sulla collina delle carrube Neqba e nell’orto presso la scuola Saint Saveur.
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L’assenza o saltuarietà del lavoro rende difficile per le famiglie siriane raggiungere il paniere basico mensile. Il grande flusso di rifugiati siriani degli ultimi due anni ha ulteriormente logorato un’economia libanese già debole, portando a un impatto negativo sui principali settori produttivi dell’agricoltura, del turismo, dei servizi e sul mercato del lavoro in particolare. I progetti di impiego rapido hanno quindi come obiettivo quello di far fronte alla carenza di lavoro nelle comunità che ospitano i rifugiati siriani e prevenire possibili tensioni sociali. Grazie anche al lavoro di Victor come mediatore culturale, Cesvi ha individuato i soggetti più vulnerabili nei sette villaggi coinvolti, arrivando a selezionare 70 famiglie siriane e 30 libanesi. Il progetto, svolto in collaborazione con l’organizzazione Annas Linnas, ha inoltre reso agibile l’area della collina, di cui adesso la comunità locale può usufruire.
Dal 2014, la Cooperazione italiana ha finanziato nove progetti realizzati dalle Ong italiane presenti in Libano, per un totale di 3,2 milioni di euro. Le 18 Ong italiane presenti in Libano si avvalgono del lavoro di tanti siriani che, come Victor, hanno trovato nel loro incarico un modo per mettere a frutto le loro competenze e trovare nuovi stimoli, oltre che una fonte di sostentamento. “Mi piace il lavoro umanitario e voglio migliorarmi”, dice Victor, “soprattutto nelle lingue”. Per far questo a volte Victor pensa di emigrare verso l’Europa. Per tanti siriani in Libano l’Europa è un sogno, una terra in cui potersi realizzare professionalmente e, al contempo, vivere in pace.