Foto e testi di Laura Salvinelli
Tratto da “Alias”, Il Manifesto, 4/03/2017
Secondo una ricerca di Cesvi, in un anno sono circa 6.000 i minori detenuti in Kenya. Il sistema giudiziario locale fa sì che i ragazzi bisognosi di cura e tutela e quelli in conflitto con la legge stiano insieme negli stessi istituti. I minori possono essere incriminati dai 10 anni in su e a volte – accade raramente – dagli 8 anni, se il giudice li ritiene capaci di intendere e volere al momento del crimine. I crimini comprendono il furto, l’uso e spaccio di droga, la prostituzione, la rapina a mano armata e l’omicidio. Ma anche il vagabondaggio e il marinare la scuola dell’obbligo, tanto che la stragrande maggioranza dei minori rinchiusi negli istituti sono bambini e ragazzi di strada scappati di casa.
Alias de “Il Manifesto” dedica la copertina e due pagine intere al progetto di Cesvi in Kenya per il supporto al sistema della giustizia minorile, finanziato dall’Unione Europea. Cesvi sostiene il governo locale nello sviluppo e nell’applicazione di riforme con lo scopo di ridurre la violenza di cui i minori sono vittime realizzando una serie di interventi che vanno dalla riduzione del tempo di permanenza nelle stazioni di polizia al supporto legale tramite avvocati pro bono.
Molte le storie raccolte dalla fotografa Laura Salvinelli, che insieme a Cesvi è entrata in un riformatorio minorile femminile, nell’area di Nairobi, incontrando le giovani detenute.
Come la storia di B., 16 anni, che racconta: “Mia madre è morta quando avevo 6 anni. Mio padre si è risposato subito e la mia matrigna era tremenda. Trattava male me e i miei fratelli, urlava e ci bastonava. Quando mio padre e il mio fratello maggiore sono andati a lavorare a Mombasa, ho preso un po’ di vestiti e sono andata a vivere per strada. Sono diventata tossicodipendente. Sotto effetto di khat, la tua mente può impazzire e diventare violenta. Avevo paura di essere ammazzata dai miei nemici. Ho visto tanta violenza che neanche te la puoi immaginare. Mi hanno arrestata nel 2015. Qui dentro mi sento meno insicura, ma mi mancano tanto mio padre e i miei fratelli”.
O quella di H., 16 anni: “Quando mio padre se n’è andato, mia madre si è messa con un altro uomo e ha cominciato a maltrattarmi. Mi accusava di essere una criminale e mi picchiava pesantemente. Una volta me ne ha date così tante che non ho camminato per due mesi. Sono scappata di casa e ho vissuto per 7 mesi in strada. Elemosinavo e la vita era orribile. Per fortuna anche l’ultimo compagno di mia madre se n’è andato e ora lei si sta riavvicinando a me”.
E ancora quella di N., 15 anni: “Vengo da una famiglia di 5 persone. Nel 2012 mia mamma ci ha lasciati che ero ancora una bambina. Dopo mio padre è morto per un incidente. Ma io non ho perso la speranza. Nel 2013 ho cominciato a scappare di casa, e dopo circa un anno mio nonno mi ha denunciata. Non mi piace quando non viene nessuno a trovarci. Puoi vedere persone che piangono perché non hanno visite. Non mi piace quando si dice che la vita non è vita perché i genitori non si prendono cura di noi”.
Una componente fondamentale del progetto Cesvi è la formazione tecnica in counselling e strategie educative rivolta al personale governativo, dai magistrati minorili a più di 400 operatori degli istituti. Sono stati realizzati anche interventi per rendere alcune infrastrutture “child friendly” all’interno delle stazioni di polizia, delle corti e degli istituti. All’interno degli istituti, si è impostato un lavoro sui casi che include valutazione, pianificazione e interventi con le famiglie tramite un sistema di “conferenze familiari” per il reinserimento a casa con supporto psicosociale, scolastico ed economico di bambini e genitori mettendo a disposizione piccoli grant. Infine, Cesvi sostiene il governo – dal livello nazionale a quello di contea – per coordinare e integrare il lavoro delle agenzie governative del sistema giudiziario, attualmente frammentato e sconnesso, e per collegare i servizi istituzionali a quelli del territorio.