«La lotta alla fame è pericolosamente fuori strada. È urgente spezzare il circolo vizioso con cui fame e conflitto si alimentano l’un l’altro. Senza pace difficilmente potremo eliminare la fame nel mondo. Senza sicurezza alimentare non potrà esserci pace duratura. Allo stesso modo è necessario intervenire sulle conseguenze drammatiche della pandemia e sugli effetti devastanti del cambiamento climatico. Senza perdere l’obiettivo sulle cause profonde, a cominciare da povertà, disuguaglianze e sistemi alimentari insostenibili» Gloria Zavatta, Presidente Fondazione Cesvi.
Conflitti armati, pandemia e cambiamento climatico rischiano di polverizzare i seppur lenti progressi compiuti negli ultimi anni verso l’obiettivo “Fame Zero”, fissato dalle Nazioni Unite al 2030. Dopo anni col segno meno, nel 2020 la percentuale di popolazione denutrita nel mondo è tornata a salire: sono 155 milioni le persone in stato di insicurezza alimentare acuta, 20 milioni in più rispetto al 2019. La lotta alla fame nel mondo registra una pesante battuta d’arresto. Secondo l’Indice Globale della Fame 2021, in 47 Paesi in particolare la fame resta eccezionalmente elevata con scarse possibilità di ridurla a livelli bassi entro la fine del decennio.
Il Global Hunger Index (GHI) è uno dei principali rapporti internazionali per la misurazione della fame nel mondo è curato da Cesvi per l’edizione Italiana ed è realizzato da Welthungerhilfe e Concern Worldwide, due organizzazioni umanitarie che, insieme a Cesvi, fanno parte del network europeo Alliance2015. L’analisi ha preso in considerazione 116 Paesi in cui è stato possibile calcolare il punteggio GHI sulla base dell’analisi di quattro indicatori: denutrizione, deperimento infantile, arresto della crescita infantile e mortalità dei bambini sotto i cinque anni.
Lo stato della fame nel mondo
I progressi sul fronte della lotta alla fame arrancano. Se tra il 2006 e il 2012 il punteggio mondiale è sceso di 4,7 punti, negli ultimi nove anni è diminuito di soli 2,5 punti.
Africa subsahariana e Asia meridionale sono le regioni con i livelli di fame più alti al mondo, con punteggi rispettivamente di 27,1 e 26,1 (fame grave). La prima in particolare registra i tassi di denutrizione, arresto della crescita infantile e mortalità infantile più alti al mondo. Il tasso di denutrizione è passato dal 19,6% del periodo 2014-2016 al 21,8% del periodo 2018-2020. Un terzo dei bambini soffre ancora di arresto della crescita. Ancora più preoccupante è che l’Africa è l’unica regione del mondo per la quale si prevede un aumento delle persone denutrite da qui al 2030. L’alto livello di fame in Asia meridionale invece deriva perlopiù dalla malnutrizione infantile.
Tra i Paesi fanalino di coda del GHI, la Somalia, registra un livello di fame estremamente allarmante (50,8 punti), seguita da nove Paesi con un livello allarmante: Ciad, Madagascar, Repubblica Centroafricana, Repubblica Democratica del Congo, Yemen, Burundi, Comore, Siria e Sud Sudan.
I conflitti sono la principale causa della fame
Sempre più numerosi e prolungati, i conflitti armati restano la principale causa della fame nel mondo. Nel 2020 erano 169 quelli attivi. Non a caso otto dei dieci Paesi con livelli di fame allarmanti o estremamente allarmanti coincidono con teatri di guerra: dalla Repubblica Democratica del Congo alla Nigeria, dal Sud Sudan alla Siria fino a Yemen e Somalia. Fame e guerra sono legate a doppio filo. I conflitti violenti hanno un impatto devastante sui sistemi alimentari poiché ne pregiudicano ogni aspetto, dalla produzione al consumo. E l’insicurezza alimentare duratura è tra le principali eredità di una guerra. Allo stesso tempo, l’aumento dell’insicurezza alimentare può condurre a conflitti violenti.
La pandemia da COVID-19
Sebbene non siano ancora apprezzabili appieno gli effetti della pandemia sull’aumento della fame, già oggi appare evidente come lo shock economico che ne è derivato abbia pregiudicato la sicurezza alimentare. Si stima che il numero di persone in situazione di insicurezza alimentare acuta sia aumentato di quasi 20 milioni nel 2020 rispetto all’anno precedente. Secondo la FAO, per effetto della pandemia nel 2030 le persone denutrite saranno 657 milioni, circa 30 milioni in più.
Raccomandazioni
Invertire la rotta si può. Anche in un ambiente globale ostile è possibile rompere i legami tra conflitto e fame e sfruttare a pieno il potenziale dei sistemi alimentari per far progredire la pace. Allo stesso tempo è indispensabile affrontare i conflitti a livello politico e implementare il diritto umanitario internazionale sanzionando chi vìola il diritto umano al cibo, per esempio ricorrendo alla fame come arma di guerra o inibendo l’accesso degli aiuti umanitari.
Il 16° Indice Globale della Fame è stato presentato il 14 ottobre in esclusiva nazionale da Fondazione Cesvi. Hanno partecipato Gloria Zavatta – Presidente Fondazione Cesvi; Roberto Natale – Rai per il Sociale; Maurizio Martina – Vice Direttore Generale FAO; Francesca Romana Elisei – Giornalista Tg2 Rai; Lorena D’Ayala Valva – Head of Emergency Unit Cesvi; Valeria Emmi – Networking & Advocacy Senior Specialist Cesvi.
La presentazione ha ottenuto il patrocinio di Rai per il Sociale e la media partnership di Rai Radio1. Il GHI 2021 è stato realizzato grazie al contributo di PricewaterhouseCoopers.
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© Photo credits: Anadolu Agency via AFP/Muhammad Said 2021