Nell’anniversario della sua scomparsa, Giangi Milesi ricorda la dottoressa Elizabeth Tarira, preziosissima alleata di Cesvi nella lotta contro l’AIDS in Zimbabwe.
Cinque anni fa salutavamo Elizabeth Tarira, la mamma di tutti.
Quando gli esperti davano l’Africa per spacciata – piegata da guerre, calamità e povertà e, in ultimo, finita dall’esplodere dell’HIV-AIDS – Cesvi lanciò un sfida contro la peste del secolo: “Fermiamo l’AIDS sul nascere”. I risultati ora sono noti, ma allora, nel 2001, persino Robert Gallo, uno dei due scopritori del virus, dubitò che avremmo avuto successo. Chi aderì alla sfida senza battere ciglio, nelle terre dove il contagio colpiva un giovane su tre e dove i nemici da battere erano anche culturali, politici ed economici, fu Elizabeth Tarira.
Elizabeth, suora laica, dottoressa laureata in Italia, direttrice di un piccolo ospedale nella savana dello Zimbabwe, si è battuta come una leonessa fino alla fine dei suoi giorni per la salute dei suoi pazienti. Quando la incontrammo, 17 anni fa, l’ospedale era piccolo e povero, ma Elizabeth lo ha cresciuto e potenziato. Sotto la sua guida l’ospedale St. Albert ha raggiunto risultati incredibili dal punto di vista sanitario, salvando o migliorando la vita di migliaia di persone.
Elizabeth, infaticabile, ha reso il St. Albert anche ospitale per chi viene da lontano e, in un paese affamato, persino produttivo con un forno e un grande orto. E per irrigare l’orto, Elizabeth ha costruito una diga! I pazienti del distretto sono più di 120.000 e molti di loro raggiungono dopo giorni di cammino il St. Albert Hospital che li accoglie tutti o li cura negli ambulatori più lontani. Siamo sempre stati colpiti dalla devozione con cui i pazienti guardavano “Mami” Elizabeth e le sue due instancabili colleghe, sempre in camice bianco e sempre di corsa. Ma non appena si fermavano erano subito circondate e coinvolte in canti e balli di riconoscenza.
Già nel 2006 eravamo certi che l’Africa si sarebbe rinnovata grazie a donne come Elizabeth e con il settimanale Vita la invitammo al convegno “Donne d’Africa. Il protagonismo femminile nella società civile africana”. Con Elizabeth, Odile Sankara, figlia di Thomas Sankara, e Assiatou Diallo, giornalista e caporedattrice di Amina. A un certo punto Elizabeth si alzò e disse “Ecco le donne d’Africa” e si mise a ballare nel maestoso Salone d’onore della Triennale di Milano. Una danza che coinvolse la platea coloratissima di un’allegria rara e contagiosa. Che spiegò la società civile africana più di un intero convegno.
Quando, a Roma dalle consorelle, Elizabeth scoprì di avere un tumore osseo ci scrisse “Vi assicuro che non mi arrendo”, una lettera in cui spiegava la sua rinuncia alle costosissime terapie per tornare in Zimbabwe dai suoi pazienti.
Elizabeth è morta la mattina del 23 luglio 2012 e due giorni dopo è stata sepolta al St. Albert. A salutarla più di 2.000 persone: 2.000 orfani, perché Elizabeth è stata la “Mami” di tutti.
In foto: la danza di Elizabeth, prima da destra, nel Salone d’onore della Triennale di Milano