Introduzione, ed editing sulla testimonianza originale, di Matteo Manara
N.B. Nel racconto che segue i nomi sono di fantasia, mentre la storia e la testimonianza sono reali.
Rosalinda è una mamma che vuole ai suoi figli un mondo di bene. Sono tre: Alberto, nato dal matrimonio con l’ex marito, ventunenne intraprendente che trascorre molto tempo fuori casa e lavora sulle navi da crociera; e poi Marika e Samuel, di 10 e 6 anni, i due figli che Rosalinda ha avuto da Armando, colui che ancora oggi continua a chiamare “l’uomo della mia vita”. Abitano tutti insieme a Secondigliano, nello stesso condominio dove Rosalinda ha vissuto fin dai primi anni della sua vita, in un appartamento dove, da quattro anni, manca la figura di un padre. Come Marika racconta con grande tenerezza: “Vorrei solo che il papà ci fosse al mio compleanno, o qualche volta mi portasse a mangiare un gelato”. Scopriamo la loro storia dalla testimonianza che proprio Rosalinda ci ha scritto alcuni mesi fa da Napoli, dove la sua famiglia è beneficiaria del sostegno di Cesvi per i nuclei più in difficoltà.
“Sono una donna che ha sempre lavorato e negli anni mi sono adattata a fare un po’ di tutto: ho fatto l’operaia in fabbrica, producendo calzature e cinture, poi mi sono arrangiata con lavoretti saltuari anche di pulizie a casa di persone che ne avevano bisogno. Purtroppo negli ultimi tempi sia a causa della pandemia che per motivi legati alla gestione dei bambini non sono più riuscita a lavorare. Viviamo, grazie al reddito di cittadinanza e a qualche contributo mensile che mio figlio maggiore riesce ad inviarci, in una casa ormai troppo piccola per noi, tanto che vorrei cambiarla: abbiamo una sola camera da letto, dove dormiamo tutti insieme, e una cucina con un bagno molto piccolo, in un sottoscala senza finestre.
Dalla fine della mia relazione con Armando, circa quattro anni fa, ho iniziato ad avere problemi di depressione: non riuscivo ad accettare la sua nuova vita, il fatto che avesse un’altra compagna, dalla quale aspettava già un bambino mentre ancora viveva con me. Ho chiesto aiuto perché anche alzarmi dal letto e dedicarsi alle faccende quotidiane, relative alla casa, ai figli, era diventato impossibile. Facevo fatica e mi sentivo sola, abbandonata, sempre triste.
Dico sempre che ero in un burrone e grazie all’aiuto ricevuto mi sono risollevata, ho ritrovato la forza di tornare a sorridere e a godermi i miei figli, che sono la mia vita. Non riesco ad immaginare come sarebbe stata la mia vita se non fossi stata aiutata. Forse i miei figli non starebbero qui con me, forse io non ci sarei più e soprattutto i miei bambini non sarebbero mai riusciti a dirmi tutto quello che provavano e sentivano, anche loro sofferenti per il fatto che il papà fosse sparito e non avesse cercato più nemmeno loro.
L’educatrice che mi segue mi è stata da subito molto vicina: è riuscita a supportarmi e a farmi capire che dovevo riprendermi, soprattutto per i miei figli, e che anche da sola avrei potuto farcela, senza necessariamente dovermi affidare ad un uomo. Insieme abbiamo fatto molte attività, dal preparare una torta con e per i miei bambini, cosa che non facevo più da tempo (eppure sono molto brava in cucina!), a lavoretti con il sale colorato, fino anche a piccole riunioni di famiglia dove i miei figli mi hanno dato la forza e la giusta motivazione per rimettermi in piedi e riprendere in mano la mia vita”.