Amina, mamma-coraggio in fuga dalla povertà

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Donna con bambini in Libia ph. Giovanni Diffidenti

A Tripoli, Cesvi ha creato un Centro di Sviluppo Comunitario che offre assistenza a rifugiati e richiedenti asilo bisognosi di supporto economico. Molti si trovano in situazioni disperate a causa dell’aumento del costo della vita e della mancanza di opportunità lavorative nel Paese, colpito da una grave crisi economica che affligge anche i cittadini.

La nostra organizzazione, insieme ai suoi partner di progetto, è l’unico punto di riferimento per queste persone vulnerabili. Persone che, oltre a cercare un lavoro per guadagnarsi da vivere, hanno bisogno prima di tutto di essere ascoltate e ricevere un adeguato supporto psicologico. Lo staff locale di Cesvi si preoccupa anche di aiutarle ad affrontare e gestire i problemi legati alla sicurezza.

Amina, 28 anni, è una donna etiope che proviene da una famiglia molto povera.

Costretta dal padre a sposarsi all’età di 21 anni, nel giro di pochi anni partorisce tre figli, l’ultimo dei quali mentre suo marito si trova in carcere per motivi politici.

Non avendo alcuna possibilità di guadagno in Etiopia, decide di trasferirsi in Sudan per trovare un lavoro. Con il cuore a pezzi, affida a sua madre i figli che non è più in grado di mantenere.

Neanche il Sudan, però, riesce a garantirle opportunità lavorative e di vita migliori. “A quel punto” – racconta la donna – “la Libia mi è sembrata l’ultima strada percorribile per dare un futuro ai mei piccoli. Ho attraversato il deserto e poi sono entrata nel Paese tramite l’appoggio di un trafficante di essere umani. Era il 20 maggio 2016”.

Il trafficante la conduce a Tripoli, dove Amina non conosce nessuno. In preda al panico, piange disperatamente in mezzo alla strada e cerca di fermare le auto sperando che qualcuno la possa aiutare.

“È stata una donna etiope, sposata con un sudanese, a fermarsi” – spiega – “Avendo visto in quali condizioni mi trovavo, ha deciso di portarmi a casa con sé. Da allora, ho fatto affidamento su di lei in tutto e per tutto”.

Dopo un mese, però, il marito della donna inizia a molestare Amina, che si ritrova così in una situazione molto problematica. “Non potevo dire nulla alla mia amica, perché non volevo distruggerle la vita” – confida – “Del resto, se avessi lasciato la sua casa, non avrei saputo dove andare”.

Poi un giorno Amina incontra un’altra donna etiope, residente nello stesso quartiere. “Mi ha parlato di Cesvi” – ricorda – “e grazie a lei sono venuta al Centro di Sviluppo Comunitario dove, in quanto donna sola e senza appoggi, ho potuto chiedere un aiuto economico. All’inizio non ho avuto il coraggio di raccontare agli operatori tutto quello che mi era successo, era difficile rivelare le molestie subìte dall’uomo che mi aveva accolta in casa insieme a sua moglie”.

Le vere ragioni del suo disagio, però, emergono man mano che il nostro staff riesce a instaurare con lei un rapporto di fiducia e dialogo. I responsabili di Cesvi decidono quindi di trovarle un posto sicuro in cui stare. E così, grazie alla mobilitazione dell’intero team, viene individuata una famiglia libica che offre ad Amina un lavoro e un alloggio.

A garanzia della sua sicurezza, Cesvi la supporta nell’iter di registrazione formale, fornendole supporto economico e psicosociale. “Dopo qualche tempo ho manifestato il desiderio di tornare a casa, non volevo più stare lontano dai miei figli e dalla mia famiglia” – spiega Amina – “ancora una volta, Cesvi mi ha prontamente aiutata segnalando il mio caso al servizio di rimpatrio volontario”.

Amina ora si trova al sicuro, in Etiopia, ed è finalmente in grado di provvedere alle sue necessità e a quelle dei suoi bambini. Non ha più paura, e mantiene un rapporto di amicizia con gli operatori di Cesvi e la donna etiope che l’aveva aiutata all’inizio del suo cammino.

 

Foto di copertina (da archivio Cesvi): Giovanni Diffidenti