Il cancro all’utero è il terzo tumore più diffuso tra le donne di tutto il mondo, con 530.000 nuovi casi e 275.000 decessi ogni anno. In Africa, è la causa principale di morte per cancro tra le donne. Basterebbe un test di screening, come un semplice pap-test, effettuato anche una sola volta nella vita, per prevenire questo tumore e dimezzare la mortalità. In molti Paesi africani, però, i programmi di screening di massa sono poco diffusi a causa di povertà e carenza di risorse umane e finanziarie.
Cesvi e Fondazione Umberto Veronesi hanno deciso di unire le loro forze e di affrontare questa grande sfida avviando il progetto Women Profile for Africa a Kinshasa. Attraverso un’attività di screening tramite pap-test e la creazione di un programma nazionale di prevenzione, il progetto si propone di ridurre la mortalità causata dal tumore al collo dell’utero nella Repubblica Democratica del Congo, introducendo un nuovo protocollo sanitario adottabile dal Ministero della Salute locale. In questa sfida le due organizzazioni hanno ottenuto il supporto dell’OMS e la concreta collaborazione di partner importanti: Patologi Oltre Frontiera, Cooperazione Belga in Congo, Università di Kinshasa (facoltà di medicina).
Testo raccolto da Matteo Manara – foto di Giovanni Diffidenti
Nene, 43 anni, è nata in una famiglia di cinque figli. È una persona istruita che vuole essere consapevole del proprio stato di salute. Nonostante ciò, non fa controlli ginecologici regolari né tanto meno si è mai sottoposta a una visita specialistica per il tumore al collo dell’utero.
Nell’aprile del 2015, però, accade qualcosa: Nene perde una cugina proprio a causa di un cancro di questo tipo. Per questo, quando viene a sapere da una delle sue sorelle maggiori che ogni mercoledì, presso il centro ospedaliero di Kingasani, un’équipe di medici e di infermieri svolge un’attività gratuita di screening al collo dell’utero, decide subito di farsi visitare. Sa che è importante non rimanere nell’ignoranza.
Questo centro si trova nel distretto di Kimbaseke, a Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo. Qui l’Associazione Patologi Oltre Frontiera, nell’ambito del progetto Women Profile for Africa, si occupa di formare il personale sanitario affinché sia in grado di effettuare l’attività di screening, pap-test, colposcopia e sensibilizzazione. La lettura dei vetrini di laboratorio avviene direttamente al centro ospedaliero.
In Congo ci sono molto superstizioni, ci spiega Nene, Si pensa ad esempio che il cancro sia causato dalla stregoneria e ci si rivolge ai guaritori tradizionali per farsi curare.
Prima di fare l’esame Nene è tranquilla: gli operatori del centro le hanno spiegato che, anche se l’esito dovesse essere positivo, la malattia sarebbe ad uno stadio iniziale e potrebbe farsi curare. Inoltre, Nene si fida molto dei medici e degli infermieri, perché conosce bene la struttura e la qualità delle cure che vengono garantite ai pazienti.
Dopo la mia visita, in attesa dell’esito, ho cercato di parlare dell’importanza di sottoporsi al test con il maggior numero possibile di donne e di portarle qui a fare la visita. Sono riuscita a convincerne due. Tante donne mi hanno detto di sì, ma poi non sono venute. Ho parlato anche con una mia amica: sua suocera faceva l’infermiera e le aveva detto di non farsi visitare perché, se fosse risultata positiva, sarebbe morta di preoccupazione.
L’esito della visita di Nene è negativo. Lo viene a sapere al telefono, tramite una chiamata dall’ospedale che le anticipa il risultato. Nene, naturalmente, è molto felice.
Ora continua il suo impegno per sensibilizzare altre donne come lei a sottoporsi alla visita. Perché la conoscenza è tutto e un semplice test può salvare la vita di molte persone.