Dall’inizio di aprile 2019, conseguentemente alla rapida avanzata militare da Sud, i quartieri meridionali di Tripoli sono stati al centro di conflitti ad un livello mai registrato dal 2011 ad oggi.
Il deteriorarsi della situazione di sicurezza (bombardamenti, attacchi aerei e conseguente mancanza di servizi essenziali come elettricità e acqua) ha spinto circa 60.000 persone delle aree colpite a lasciare le proprie case, disperdendosi tra Tripoli e la Libia occidentale.
Molti sfollati interni si sono spostati verso zone adiacenti alla linea del fronte, dove sono rimasti a rischio di bombardamenti e violenze, mentre altri sono riusciti ad allontanarsi dalla linea del fronte, fermandosi nelle immediate vicinanze di Tripoli.
La situazione dei bambini è particolarmente delicata. Molte scuole nelle aree interessate dal conflitto sono state chiuse o riutilizzate per finalità diverse: per rispondere alla presenza di un elevatissimo numero di sfollati, ad esempio, le autorità e i gruppi locali hanno deciso di riconvertire decine di istituti scolastici in “ripari collettivi” che al momento accolgono circa 2.230 persone. Gran parte delle scuole, inoltre, sono state danneggiate dai bombardamenti e una da un attacco areo. Le condizioni di sicurezza nelle strade sono troppo gravi per immaginare di mandare i bambini a scuola. Il 14 aprile un’incursione area sulla sede del Ministero dell’Istruzione ha distrutto 5 milioni di libri scolastici e documenti d’esame, creando una carenza di materiale educativo e seri ostacoli al conseguimento della promozione per molti studenti.
Sin dal primo giorno di conflitto, Cesvi, che partecipa come co-leader nel gruppo di lavoro per la protezione dell’infanzia, ha riadattato l’intervento negli ambiti della Protezione e dell’Educazione non formale realizzati col sostegno di UNICEF e UNHCR alla nuova situazione di emergenza.
Da un approccio basato sui Centri di Sviluppo Comunitario , dove i beneficiari frequentavano le lezioni all’interno di una struttura dedicata nel centro di Tripoli, Cesvi è passato a un “sistema mobile” attivo sul territorio, garantendo in questo modo gli stessi servizi e le stesse attività in sei “centri di accoglienza collettivi”, di cui cinque dedicati ai cittadini libici e uno a rifugiati e migranti sfollati.
L’obiettivo immediato è quello di ristabilire un primo contatto con i bambini coinvolti nel conflitto proponendo attività ricreative di tipo sportivo, artistico e di rilassamento. Nel lungo periodo, Cesvi si propone di promuovere attività di educazione non formale (arabo, matematica, inglese), così da rispondere all’interruzione delle attività educative e ristabilire una routine e quotidianità fondamentali per il benessere psicofisico dei più giovani.
Dal 14 aprile ad oggi, una media di 24 bambini al giorno ha potuto beneficiare di attività di supporto psicosociale a Tripoli. L’obiettivo è quello di stimolare il lavoro di gruppo e la creatività dei bambini colpiti dal conflitto, assicurando loro uno spazio sicuro dove divertirsi, socializzare e sviluppare la propria resilienza. Sebbene l’accesso alle aree di conflitto rimanga una sfida complessa, Cesvi lavora per raggiungere il maggior numero di persone e di “ripari collettivi”, dove riattivare e adeguare il programma di educazione non formale normalmente svolto nei Centri di Sviluppo Comunitario, attualmente non accessibili ai beneficiari.
Accanto alle attività di emergenza legate alla crisi in corso, inoltre, continuano i progetti a Tripoli e Misurata che assicurano servizi di protezione, in particolare per i diritti dei bambini, per le donne vittime di violenza, ai migranti e gli sfollati interni in Libia.