Cesvi in Somalia: dalla parte dei bambini

Devastata da più di 20 anni di instabilità politica, lotte tra governi, gruppi armati, fazioni e clan per il controllo dei territori e da frequenti siccità e carestie, la Somalia registra più di 1 milione di sfollati e infrastrutture quasi del tutto inesistenti.

Cesvi è impegnato nel Paese da anni, a fianco della popolazione delle aree rurali e urbane, in particolare nella risposta all’emergenza sanitaria materno-infantile, nella lotta alla malnutrizione infantile e per garantire l’accesso alle cure primarie (campagne di vaccinazione, distribuzioni di farmaci, cliniche mobili).

Nelle aree di Mogadiscio, Banadir e Gedo, i bambini sono poverissimi, le condizioni igieniche molto compromesse e la popolazione ha scarso accesso ai servizi sanitari di base.

In una situazione così disperata, la sicurezza alimentare e l’accesso all’educazione da parte dei bambini sono scarsissimi. 1 bambino su 5 è gravemente denutrito e i tassi di scolarizzazione sono tra i più bassi al mondo: 18% per i ragazzi e 15% per le ragazze, secondo l’Unicef. L’educazione viene considerata l’ultima delle priorità, tanto che i bambini spesso sono impiegati in lavori domestici e sfruttati per garantire un reddito alla famiglia, quando non reclutati in gruppi armati.

Cesvi, grazie al sostegno di ECHO, l’Ufficio per gli Aiuti Umanitari e la Protezione Civile dell’Unione Europea, sta lavorando in queste regioni affinché i bambini più vulnerabili possano frequentare la scuola. Attraverso i cosiddetti “Safe Space Centre”, gli “spazi sicuri” creati grazie ad ECHO, Cesvi accoglie, protegge e cura i bambini che vivono in condizioni di violenza, povertà e rischio offrendo loro un’educazione di base e attività ricreative e di supporto terapeutico.

Tra questi bambini c’è Omar, vittima della violenza di uno zio; Himda, maltrattata e discriminata dalla matrigna; Khadra, scappata dalla famiglia per non essere sottoposta a mutilazione genitale femminile; Ali, figlio di uno spacciatore di Khat… e tanti altri bambini che oggi frequentano i “Safe Space Centre”, dove hanno trovato un ambiente positivo e sicuro in cui divertirsi con altri ragazzi della loro età e persone competenti a cui chiedere supporto.

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Foto di copertina: Valeria Turrisi