Qual è il trattamento riservato alle vittime di violenza di genere nei processi che dovrebbero rendere loro giustizia? I legali e i giudici che se ne occupano hanno una formazione e competenze specifiche sul tema? In quanti e quali Paesi esistono protocolli specifici per trattare questo tipo di casi? Alle vittime è data la possibilità di accedere a sportelli di assistenza e al supporto di operatori specializzati?
Di questo e molto altro hanno discusso i giovani studenti di Legge in un incontro con un esperto presso il Centro Sociale di Tripoli, dove Cesvi organizza regolarmente attività ed eventi di sensibilizzazione rivolti a popolazione locale, rifugiati, richiedenti asilo e organizzazioni del luogo. L’occasione è stata la manifestazione “16 Giorni di Attivismo”, la campagna globale per l’eliminazione della violenza di genere che copre il periodo dal 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, al 10 dicembre, Giornata internazionale per i diritti umani.
Nell’arco delle due settimane Cesvi ha organizzato 8 giornate ricche di iniziative e attività dedicate a un pubblico molto variegato, che ha riunito insieme rifugiati e libici per favorire la coesione sociale e la costruzione di un dialogo comune. In un contesto come quello libico la solidità delle reti sociali può essere infatti di grande sostegno per chi si trova in difficoltà, soprattutto quando si tratta di rifugiati che non hanno legami forti sul territorio.
A febbraio 2019 il conflitto libico entrerà nel suo 9° anno, e le atrocità e le sofferenze subite dalla popolazione civile non sono destinate a finire. Solo negli ultimi 12 mesi, gli scontri hanno coinvolto più di 1 milione e 600.000 persone, di cui 453.000 sono donne tra i 15 e i 49 anni in urgente bisogno di assistenza umanitaria.
La condizione delle donne in Libia ha vissuto momenti alterni: nel 2011, allo scoppio della rivoluzione, le donne vi hanno preso attivamente parte con la costituzione di movimenti femminili per la liberazione del Paese, decise a contribuire in modo propositivo al cambiamento e alla costruzione di un futuro nuovo per la Libia. Ma l’evolversi della situazione, con il conseguente emergere di gravi problemi di sicurezza e l’assenza di una regolamentazione dell’esercizio del potere pubblico, ha fatto compiere notevoli passi indietro nel processo di affermazione dei loro diritti.
Grazie al finanziamento di UNFPA, Cesvi si occupa di favorire la condizione delle donne nel Paese attraverso la prevenzione e la risposta alla violenza di genere, tanto più radicata e diffusa in un contesto in cui alle donne sono negati i più fondamentali diritti umani. Co-leader per un anno del gruppo di lavoro nazionale sulle violenze di genere, la nostra organizzazione ha lavorato e continua a lavorare sul tema a contatto sia con rifugiati e richiedenti asilo (vittime di questo tipo di violenza in percentuali altissime), sia con la comunità libica, potendo contare su operatori locali espressamente formati in materia.
Tra le attività spiccano gli interventi di risposta ai casi di violenza, che prevedono assistenza sanitaria, psicologica, legale ed economica alla vittima. Nel 2019 potranno beneficiarne circa 60 persone, metà delle quali parteciperà anche a gruppi di supporto. Le attività in gruppo, gestite da uno psicologo, mirano a creare un ambiente sicuro per i partecipanti; lo scopo è di rendere le vittime di violenze di genere dei sopravvissuti alla violenza, spostando il focus dalla vittimizzazione alla resilienza.
Fondamentali poi anche le attività di sensibilizzazione ed educazione su temi d’interesse per la comunità, tra cui rientrano anche le 8 giornate organizzate tra novembre e dicembre. Considerando la difficoltà culturale nell’affrontare alcuni argomenti, Cesvi ha iniziato il percorso con il lancio di campagne su sanità e disabilità, per introdurre successivamente i temi della salute mentale, dei diritti delle donne e, nel tempo, anche della violenza di genere. Si tratta di un processo lento e delicato che punta a coinvolgere a 200 beneficiari in totale, e che nel 2019 sconfinerà dagli spazi del Centro Sociale per approdare in scuole, municipalità e in alcuni campi sfollati.