Il 24 luglio 2025 segna una data cruciale: l’Earth Overshoot Day. Ovvero il giorno in cui abbiamo esaurito le risorse naturali che la Terra è in grado di rigenerare in un intero anno. Da questa data in poi, siamo in credito con la Terra, consumando risorse più velocemente di quanto il nostro pianeta possa ripristinarle. Attualmente, la popolazione globale consuma l’equivalente di 1,8 Terre ogni anno. L’Italia, ha anticipato di ben due mesi e mezzo la sua data di overshoot (che è caduta il 6 maggio 2025) rispetto alla media globale, evidenziando uno stile di vita e un modello di sviluppo ancora troppo distanti dalla sostenibilità.
Questo squilibrio è alla radice della crisi ambientale e climatica dei nostri giorni: deforestazione, perdita di biodiversità, esaurimento delle risorse, inquinamento.
Il paradosso climatico: chi paga il prezzo più alto
Mentre i Paesi più industrializzati e a più alto consumo contribuiscono maggiormente alle emissioni di gas serra, le conseguenze più devastanti del cambiamento climatico si abbattono sui Paesi più vulnerabili, che paradossalmente hanno contribuito in minima parte a questa crisi. L’intero continente africano, ad esempio, è responsabile di appena il 4% delle emissioni globali, eppure si trova ad affrontare un “paradosso climatico” che si manifesta con eventi estremi sempre più frequenti e intensi. L’area allargata del Corno d’Africa è un esempio lampante: qui, l’aumento dei disastri legati al clima, unito a povertà, instabilità e conflitti, ha portato alla concentrazione del 22% dei bisogni umanitari globali. Quasi 50 milioni di persone versano in condizioni di insicurezza alimentare acuta, con oltre 10 milioni di bambini sotto i 5 anni a rischio di malnutrizione.
L’Etiopia e la drammatica siccità nella regione di Borena
L’Etiopia, in particolare, sta vivendo una delle peggiori siccità degli ultimi 40 anni, con ormai 7 stagioni consecutive delle piogge saltate. Questa situazione ha gettato il Paese in un’emergenza umanitaria drammatica, colpendo oltre 21 milioni di persone, di cui quasi 16 milioni soffrono di insicurezza alimentare. In un Paese dove il 91% della popolazione vive in aree rurali e la pastorizia è il principale mezzo di sostentamento, l’impatto è catastrofico.
Nella regione di Borena, nello Stato Regionale di Oromia, una delle aree più colpite dalla mancanza d’acqua, la situazione è disperata. L’80% del bestiame, fonte primaria di cibo e sostentamento, è scomparso. Le comunità pastorali, un tempo abilissime a vivere in condizioni di aridità, non trovano più acqua da nessuna parte, costringendo gli abitanti a dedicare la loro intera esistenza alla ricerca e alla raccolta di questa risorsa vitale. La perdita del bestiame non è solo una catastrofe economica, ma mina l’identità e la dignità stessa di queste popolazioni.
L’Impegno di CESVI in Etiopia: resilienza e allerta precoce
Di fronte a questa emergenza, CESVI interviene in Etiopia dal 2021, con progetti volti a rafforzare la resilienza delle comunità agli shock climatici e migratori. Il progetto HORA BULA, finanziato dalla Cooperazione Italiana, è un esempio concreto di questo impegno. Le azioni di CESVI mirano a:
- rafforzare la preparazione locale alle catastrofi, attraverso la creazione di Comitati Comunitari per la Riduzione del Rischio
- formare gli attori chiave, come funzionari governativi e membri delle comunità;
- assistere direttamente la popolazione attraverso sostegno in denaro, riabilitazione e restauro di bacini per la raccolta dell’acqua e preparazione dei terreni al pascolo, essenziali per la sopravvivenza delle comunità agro-pastorali.
- Promuovere attività di peacebuilding: per aiutare le comunità a condividere le risorse in un’ottica di aiuto reciproco, mitigando tensioni e conflitti derivanti dalla scarsità.
CESVI In Pakistan per prevenire e combattere i disastri climatici
CESVI interviene anche in altri Paesi fortemente colpiti dagli effetti del cambiamento climatico. Tra questi il Pakistan, responsabile solo dell’1% delle emissioni globali di gas serra, ma tra gli 8 Paesi più colpiti al mondo dagli effetti del cambiamento climatico.
Nel 2022 il Paese è stato colpiti da alluvioni estreme che hanno sommerso un terzo del Paese. A pagarne le conseguenze più di 33 milioni di persone colpite. Nel corso degli ultimi anni le piogge hanno continuato a colpire regolarmente il Pakistan, e negli ultimi giorni forti alluvioni monsoniche hanno provocato ancora molte vittime.
Tra le province più segnate il Sindh dove le acque stagnanti e la distruzione delle fonti d’acqua potabile hanno portato a un aumento esponenziale di malattie e aggravato la situazione di sicurezza alimentare della regione (1 bambino su 9 soffre infatti di malnutrizione acuta).
Le alluvioni hanno infatti cancellato interi territori, distrutto case, raccolti, infrastrutture. Le popolazioni colpite hanno perso ogni cosa. Le famiglie non hanno ripari, non possono accedere al cibo a causa delle perdite dei raccolti, non hanno la possibilità di reperire acqua pulita. A pagarne le conseguenze le fasce più vulnerabili della popolazione come bambini, donne, anziani.
Da 20 anni, CESVI opera in Pakistan per proteggere le popolazioni a rischio, attraverso interventi di preparazione alle catastrofi e formazione. In caso di emergenza fornisce cibo, acqua potabile, ripari e aiuti urgenti per la sopravvivenza e la ricostruzione.
L’intervento di CESVI in Etiopia, come in Pakistan, è un esempio tangibile di come sia possibile agire per costruire comunità più resilienti, fornendo loro gli strumenti e le conoscenze per affrontare gli shock climatici sempre più frequenti e massicci, e per spezzare la spirale di fame e malnutrizione.
È un richiamo all’azione per tutti noi: l’Overshoot Day non è solo una data sul calendario, ma un monito urgente sulla necessità di un cambiamento profondo e globale.