A oltre due mesi dallo scoppio del conflitto tra Hamas e Israele la situazione umanitaria continua a peggiorare drasticamente.
Da quel drammatico 7 ottobre le vittime del conflitto, tra cui un numero impressionante di bambini, non hanno smesso di arrestarsi e l’entità della distruzione e della devastazione di crescere.
“Davanti a ciò che stiamo vedendo non ci sono parole, in ogni momento ho nella mente i volti di colleghi, amici e conoscenti di Gaza e i momenti di vita trascorsi insieme. I numeri della tragedia sono oltre alla capacità di immaginarsi cosa succede” racconta Simone Balboni, capo missione di CESVI in Palestina, che si trova a Gerusalemme e che, dall’inizio del conflitto, sta portando avanti, insieme allo staff locale tra le innumerevoli difficoltà, i progetti attivi per l’accesso all’acqua e la promozione dell’igiene e della salute e la programmazione di nuovi interventi, necessari per andare incontro ai bisogni urgenti della popolazione a causa dello scoppio del conflitto.
La Striscia di Gaza è sotto attacco permanente, non esiste più un luogo sicuro dove la popolazione palestinese, già in stato di necessità prima dell’inizio di questa fase del conflitto, può rifugiarsi dopo essere stata costretta ad abbandonare le proprie case, i propri averi e i propri cari ormai perduti. Sono 1,9 milioni (ovvero oltre l’85% della popolazione) le persone sfollate nella Striscia di Gaza, secondo OCHA, in parte anche ripetutamente essendo costrette a spostarsi più volte in cerca di una parvenza di sicurezza a causa dei continui e diffusi attacchi nell’intero territorio.
Siamo in costante contatto con il nostro personale che si trova in loco, ricevendo loro notizie attraverso rapidi messaggi quando le comunicazioni lo permettono. Chi sopravvive ha perso i suoi cari, non ha una casa, non ha cibo e alcun tipo di protezione. La popolazione è allo stremo.
Molti degli sfollati (1,3 mln) sono accolti nelle strutture UNRWA, i rimanenti in strutture pubbliche quali scuole, ospedali, moschee, chiese, ma sempre più persone sono costrette a sistemarsi in luoghi aperti. Il sistema di accoglienza è al collasso, come quello sanitario: solo 8 ospedali su 36 funzionano con un tasso di occupazione nei reparti del 206%. Anche gli ospedali, come ogni altro luogo ormai, sono oggetto di attacchi militari e di evacuazioni forzate. Le riserve di acqua sono al limite e si stima che ogni persona ne abbia a disposizione solo 2 litri al giorno (a fronte dei 20 riconosciuti come necessario per i bisogni igienici e sanitari essenziali); la disponibilità di cibo è insufficiente, con oltre il 93% le famiglie in stato di necessità.
Anche in Cisgiordania la situazione è peggiorata con un’escalation di scontri e tensioni dovute all’aumento delle operazioni militari nell’area e le forti limitazioni agli spostamenti, con aree palestinesi completamente circondate e inaccessibili, che hanno portato a centinaia di vittime e migliaia di feriti.
Le attività di CESVI in Cisgiordania, dopo una breve pausa nella fase iniziale del conflitto, con molte difficoltà sono riprese anche se con i dovuti rallentamenti e cautele.
A Betlemme interveniamo nel campo profughi di Dheisheh (che ospita circa 12.000 persone) con un progetto mirato a migliorare la situazione ambientale del territorio e il sistema di raccolta dei rifiuti operato da UNRWA. A causa dell’inefficiente servizio di raccolta rispetto ai rifiuti generati, il rischio per la salute pubblica degli abitanti è molto alto. In questa fase stiamo ultimando la mappatura dei bisogni di famiglie, negozianti e imprese e della capacità operativa per la raccolta dei rifiuti delle Municipalità confinanti con il campo, del JSC di Betlemme e di UNRWA, con interviste effettuate da un team di 20 persone.
Nel Governorato di Hebron, nella Cisgiordania meridionale, CESVI lavora in 34 scuole sia in zone rurali che urbane, dove l’acqua è disponibile solamente tramite stoccaggio in cisterne sotterranee. Qui, in collaborazione con il Ministero dell’Educazione, operiamo per migliorare la qualità dell’acqua contro la contaminazione batteriologica ed aumentare la sua disponibilità, tramite sistemi di controllo da remoto, interventi di riparazione e manutenzione, oltre a condurre attività di sensibilizzazione e informazione sulle corrette pratiche igienico-sanitarie e sull’importanza del lavarsi le mani per ridurre il rischio di infezioni.
A causa della guerra si è reso poi necessario riprogrammare alcuni interventi per andare incontro ai bisogni acuti della popolazione in questo drammatico momento.
Quali operatori umanitari in conformità ai principi di legalità, correttezza, trasparenza, lealtà, imparzialità, indipendenza, neutralità, integrità che da sempre guidano il nostro operato, sottolineiamo l’urgenza di creare le condizioni per poter portare aiuto a tutte le persone in stato di bisogno: il cessate il fuoco incondizionato e permanente, l’accesso sicuro in tutte le zone della Striscia di Gaza, l’ingresso di personale qualificato e di beni in dimensione tale da non lasciare nessuno indietro. La ricostruzione del futuro di Gaza significa prima di tutto sopperire ai bisogni fisici, sanitari, mentali, psicologici e affettivi degli abitanti di Gaza.
Per questo sono in fase di programmazione nuove attività di distribuzione di kit igienici, filtri potabilizzatori e taniche per la raccolta dell’acqua, materiali per la ricostruzione di infrastrutture idriche, oltre a modalità di supporto economico e trasferimento fondi direttamente alle famiglie per i propri bisogni primari di sussistenza. Fondamentale inoltre l’avvio di attività di supporto psicosociale dedicate in particolare alle strutture educative, a insegnanti e studenti, per la gestione del trauma causato dallo scoppio della guerra.
Infine abbiamo in corso di organizzazione una prima distribuzione di aiuti alimentari rivolta in particolare ai più piccoli, mediante Plumpynut, uno speciale alimento proteico pronto all’uso e utilizzato per la riabilitazione nutrizionale dei bambini in contesti di emergenza.
In questo momento caratterizzato da molteplici emergenze nel mondo, aiutaci a sostenere le popolazioni colpite da catastrofi naturali, guerre e conflitti: sostieni il nostro fondo emergenze e ci aiuterai a ricostruire la speranza.