Testo di Matteo Manara
Nascere e crescere in un luogo, piuttosto che in un altro, del pianeta fa ancora oggi tutta la differenza del mondo. Anche nei territori di una grande potenza emergente quale è l’India, ad incombere sulla vita e sul futuro di migliaia di bambini vi sono minacce che in Occidente fatichiamo persino ad immaginare: la fame, il lavoro minorile, i matrimoni precoci, solo per citarne alcune. Eppure, sono minacce reali, che gli operatori della Casa del Sorriso toccano con mano ogni qual volta si trovano ad accogliere una nuova beneficiaria e con cui devono fare i conti, a volte, fino al giorno del suo diploma.
In questo contesto, non tutte le vicende si concludono felicemente. Una ragazza rientrata a dicembre nell’abitazione di famiglia per la pausa natalizia, a gennaio non ha più fatto ritorno alla Casa del Sorriso, essendosi trasferita a 300 km di distanza per lavorare in una filanda; e a nulla è valsa la strenua opera di convincimento tentata presso i suoi tutori. Per fortuna però, nella maggior parte dei casi, anche grazie al tuo prezioso sostegno continuativo, possiamo raccontare l’esito positivo del percorso di tante ragazze, che hanno trovato nella Casa del Sorriso un luogo sicuro e salutare dove godere a pieno dei loro diritti in termini di educazione, nutrizione e accudimento, da cui spiccare il volo alla conclusione degli studi.
Nel pieno di questo percorso si trova Arthi, di 16 anni, una giovane scampata quasi per miracolo ad un matrimonio imposto e precoce. I genitori di Arthi sono piccoli coltivatori con un guadagno insufficiente per la sussistenza della famiglia. Gli studi in ingegneria civile del fratello maggiore assorbono poi gran parte delle loro risorse e speranze. Quando un parente del padre, di 31 anni, sordomuto, li approccia per richiedere Arthi in sposa, offrono una debole resistenza, per poi piegarsi consapevoli del suo buon guadagno.
“Mi dicevano che se non avessi accettato di sposarlo si sarebbero uccisi ingerendo del veleno per topi. Ero terrorizzata, non riuscivo più a dormire. Cosa avrei mai potuto fare senza di loro? Eppure allo stesso tempo non potevo permettere questo matrimonio e continuavo a pensare a come provare a fermarlo” – ricorda Arthi. “Un giorno alla radio ho sentito pubblicizzare il numero 1098 (nel Tamil Nadu numero di emergenza per i bambini in difficoltà, ndr) e l’ho annotato con grande cautela per non farmi scoprire. Mi rimaneva la paura di fare la chiamata, perché l’unico telefono che avrei potuto usare sarebbe stato quello di mio padre…”
Una settimana prima del matrimonio, Arthi riesce ad intercettare un’amica della madre e le racconta tutto. Il caso arriva così al comitato distrettuale per la tutela dei bambini, che dopo aver parlato con i genitori decide di prendere in carico la bambina, spaventata che quanto accaduto potesse ripetersi, per poi affidarla alle cure della Casa del Sorriso.
Arthi oggi studia con profitto e, anche se non potrà mai dimenticare quello che ha vissuto, è grata per l’aiuto che ha ricevuto e fiduciosa nel suo avvenire.