Siamo a Bari, nel quartiere San Paolo, dove Sara è cresciuta troppo in fretta e affronta da sola le sfide di tutti i giorni. Molte storie simili alla sua attendono di essere ascoltate. Grazie al tuo sostegno, CESVI dà voce a chi non ne ha, risvegliando la speranza con empatia e supporto.
di Monica Avogadri
All’estremità orientale della città di Bari, dove l’arte e la bellezza del centro storico sembrano distanti anni luce, si apre il sipario sul quartiere di San Paolo, conosciuto semplicemente come “il quartiere” dagli abitanti di lunga data e con l’acronimo “CEP” – Centro di Edilizia Popolare o sarcasticamente “centro elementi pericolosi” – dagli altri baresi che preferiscono tenersi a distanza. Questo quartiere isolato si presenta come un intricato labirinto di case popolari e costruzioni abusive, grigi casermoni apparentemente infiniti. Qui da sempre trovano rifugio gli ultimi, coloro che non avevano nemmeno un tetto sopra la testa e cercavano riparo e fortuna tra le “baraccopoli” che punteggiano il quartiere e le fabbriche poco distanti.
In questa realtà, numerosi bambini e adolescenti devono fronteggiare la dura realtà della violenza, mentre molti di coloro che dovrebbero essere loro punti di riferimento – in primis famiglie e adulti – sembrano aver gettato la spugna. Questi giovani provenienti da contesti economici e culturali svantaggiati si scontrano con grandi sfide relazionali e comportamentali e finiscono spesso per abbandonare gli studi. Un’emergenza sociale aggravata dalla carenza di spazi idonei all’espressione e alla socialità.
Tuttavia, non tutti si sono arresi. Grazie al sostegno dei suoi donatori e alla collaborazione con la Fondazione San Giovanni Paolo II, da anni radicata sul territorio, CESVI ha inaugurato nel 2022 la Casa del Sorriso, proprio in questo quartiere di Bari. Qui, i bambini e le loro famiglie hanno accesso a attività di sostegno psicologico, supporto alla genitorialità, contrasto alla povertà educativa e proposte sportive e ludiche. L’obbiettivo è quello di aiutare i bambini e gli adulti vulnerabili del quartiere a ritrovare la voglia di prendere in mano la propria vita e risvegliare la speranza in un futuro diverso e migliore. La Casa del Sorriso non opera da sola, ma collabora con i pochi servizi del territorio, in particolare le scuole, per individuare prontamente le situazioni di fragilità.
È proprio a scuola che abbiamo incontrato Sara. Lei ha 12 anni, è bionda e ha gli occhi blu intenso. La troviamo seduta all’ultimo banco, quasi nascosta in un angolo. Quando spieghiamo alla classe che avremmo creato insieme una storia, incoraggiando e considerando importante ogni contributo, Sara si mostra visibilmente felice, come se nessuno prima di allora avesse dato valore alle sue idee e ai suoi pensieri. Sara si dimostra brillante e curiosa, rivelando una sensibilità unica. Tuttavia, quando le chiediamo di scegliere una foto che rappresenti la sua relazione più significativa si incupisce e scivola lentamente in un silenzioso pianto. Ad un tratto la ragazza esuberante diventa una figura grigia, quasi invisibile.
Solo dopo l’attività Sara ci confida la sua storia, mai raccontata a nessuno prima. La mamma l’ha abbandonata quando era piccola, e ora vive con i nonni paterni e un papà che lavora molte ore al giorno per sostenere la famiglia. Sara, costretta a crescere prematuramente, ha dovuto rinunciare a storie e giochi per aiutare i nonni sempre più vecchi e per svolgere compiti che il papà, sempre troppo occupato e stanco, non riesce a compiere. I professori, ignari della sua storia, ci ringraziano, vedendo questo momento come l’inizio di un percorso più attento al vissuto emotivo dei singoli alunni. Salutiamo Sara con la promessa di rivederci presto, felici di aver dato spazio ai suoi pensieri e alla sua storia e di averle ricordato, anche se solo per qualche ora, di essere una bambina che merita ascolto, protezione e divertimento.