LYUDMYLA NON PENSAVA CHE I RUSSI AVREBBERO AVUTO IL CORAGGIO DI ATTRAVERSARE IL CONFINE. INVECE LA GUERRA È ARRIVATA, A SCONVOLGERE LA SUA VITA E QUELLA DELLA SUA FAMIGLIA.
Testo di Matteo Manara
Nella città di Irpin, in Ucraina, esisteva un bar caratterizzato da una splendida terrazza, che si affacciava sul lago più grande della città, al piano terra di un edificio a due piani. Già di per sé immersa nel verde, la terrazza era arricchita anche internamente dalla presenza di piante e fiori d’ogni tipo. Era un luogo di quelli che fanno venire voglia di celebrare la vita in tutte le sue forme. La proprietaria era una donna energica, Lyudmyla, che vi si dedicava insieme alla sua famiglia.
Le foto ci sono ancora, su Google Maps, ma quel luogo, così com’era, oggi non c’è più.
È stato raso al suolo il 23 marzo 2022, durante la prima grande offensiva russa sul territorio ucraino, perché Lyudmyla lo aveva trasformato in un luogo di ristoro, dove dare da mangiare alle persone, fornire assistenza medica, preparare la resistenza contro il nemico. “La casa dove viveva la mia famiglia è stata fatta a pezzi”, racconta Lyudmyla, sopravvissuta perché si trovava nel bunker sotterraneo. “In un attimo i russi mi hanno tolto tutto: i miei affari, la casa, i fiori della terrazza, gli amici, molti dei quali sono andati in guerra… anche mio marito, che è andato a combattere nelle file dell’esercito ucraino”. Suo nonno, invece, lo avevano già ucciso qualche giorno prima, mentre si stava dirigendo verso il bar con un sacco sulle spalle.
Sembra passato tanto tempo da allora, purtroppo non abbastanza perché la guerra sia finita e Lyudmyla possa tornare lì, dove sorgevano la sua casa e la sua terrazza, per ricostruirle ancora più grandi e più belle.
La vita di Lyudmyla, oggi, è un’altra. Da un anno è impegnata nel Centro di sostegno psicologico di Bucha, insieme a CESVI, e si sta formando per diventare psicologa. Dopo aver seguito numerosi corsi di formazione, conduce già terapie individuali e di gruppo e, nel suo ruolo, è testimone dell’effetto devastante che una guerra può avere sulla salute mentale di una comunità.
La cosa più che bella è che grazie a CESVI abbia trovato non solo un reddito, comunque necessario per vivere, ma anche un nuovo modo per dare una mano alla sua gente.