“Vivevamo una vita semplice ma felice prima della carestia del 2017” ci racconta Nadifo, 30 anni, mamma di 4 bambini di età compresa tra i 7 mesi e i 6 anni, che all’epoca della grande carestia che ha colpito la Somalia in modo particolare, ha dovuto abbandonare con tutta la famiglia la propria capanna per raggiungere la sicurezza di un villaggio. “All’epoca avevano 100 capi di bestiame che facevano pascolare nella piccola frazione di Laasahawiye, nei dintorni di Galbarwaaqo”, ricorda Nadifo, “ma dopo la carestia abbiamo perso 80 dei nostri animali e mio marito è stato costretto a vendere i rimanenti 20 per costruire una baracca a Galbarwaaqo”. La siccità e la carestia hanno ucciso tutti i loro animali e anche il bimbo di 7 mesi stava per morire di fame.
Quello che è accaduto alla famiglia di Nadifo non rappresenta un caso isolato.
In Somalia, infatti, i cambiamenti climatici stanno avendo un impatto devastante sull’intera società, colpendo in maniera particolare i soggetti più fragili come donne e bambini. Aumenta la malnutrizione, cresce la povertà e sempre più persone, come Nadifo, sono costrette a lasciare la propria abitazione per cercare luoghi più sicuri per far sopravvivere i propri figli. Si stima che nel 2019, migliaia di persone siano state costrette ad abbandonare le proprie case a causa del fallimento del raccolto, della ridotta redditività del bestiame. Ad aggravare questa situazione, un’area importante del Paese, quella dove viveva Nadifo, è stata più volte interessata da infestazioni delle locuste del deserto, che hanno portato alla distruzione dei pochi pascoli rimanenti e contaminato l’acqua usata sia per la sussistenza dalla popolazione locale che per quella degli animali. A tutto ciò si aggiunge il conflitto in corso causato dalla presenza di Al-Shabaab nella regione, forte minaccia alla sicurezza delle comunità e di intere famiglie.
Il viaggio per raggiungere il villaggio di Galbarwaaqo non è stato semplice e privo di pericoli. Tutta la famiglia era gravemente malnutrita e Nadifo era in attesa del quarto figlio. Ma è proprio qui che avviene l’incontro con Cesvi, l’unica organizzazione della zona che fornisce servizi medico-sanitari per l’intera comunità. In particolare, Cesvi si occupa di salute e nutrizione materno-infantile attraverso il progetto “Assistenza umanitaria multisettoriale in risposta alle alluvioni e alle conseguenze della siccità prolungata in Somalia”, finanziato da AICS – l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. “Io e i miei bambini stavamo sempre male, ma grazie a Dio Cesvi ci ha salvati dandoci medicinali e cibo. Ora frequento regolarmente il centro medico di Cesvi e 3 dei miei bambini fanno parte del programma di nutrizione”, ricorda Nadifo.
Durante le gravidanze precedenti Nadifo ha sofferto di molte complicazioni, fra cui anemia, nausea e dolori addominali costanti, sanguinamenti e febbre. Spesso la donna stava così male da non riuscire ad aiutare la sua famiglia e a badare ai suoi bambini. All’epoca il centro medico più vicino che potesse raggiungere si trovava a Galkayo, ad oltre 80km dal villaggio, ed era impossibile per lei raggiungerlo per via degli alti costi del noleggio di un’auto per viaggiare verso la città. Ora Nadifo può avere accesso a servizi sanitari di base per lei e per i suoi figli grazie al centro medico di Cesvi nel villaggio. “Adesso tutti quei dolori sono spariti e con loro anche le paure e le incertezze. Qui ci sono delle persone competenti e qualificate che mi aiutano giorno e notte, ogni volta in cui ho bisogno di loro”. Nadifo si reca presso il centro ogni settimana, per incontrare regolarmente l’ostetrica di Cesvi. “Settimanalmente, dopo la visita, ricevo medicine, consulenze e supporto per la mia gravidanza. Lo staff medico del centro è molto disponibile e gentile. L’ostetrica controlla il mio stato di salute generale e la mia emoglobina, poi mi prescrive le medicine, le vitamine e gli integratori di ferro per mantenere la mia anemia sotto controllo. Inoltre, al centro distribuiscono anche delle zanzariere per proteggerci dalla malaria, così tutelo me e i miei bambini”.
Come dicevamo, Cesvi è l’unica organizzazione presente in questo territorio con progetti di questa natura. Prima che Cesvi aprisse il centro di salute materno-infantile, molte donne in attesa di Galbarwaaqo soffrivano degli stessi problemi di Nadifo. “C’erano molte future mamme che erano malnutrite e mi ricordo che ogni giorno vedevo una famiglia affittare una macchina per portare una donna in gravidanza con complicazioni fino a Galkayo”, ricorda la donna. “Senza l’intervento di Cesvi ci sarebbero state moltissime morti durante il parto per via della mancanza di interventi salvavita” continua.
Ora, Nadifo desidera diventare un’ostetrica. “Ho intenzione di diventare un’ostetrica per aiutare altre donne che stanno attraversando quello che ho passato anche io”. Spera di aprire una clinica nel villaggio per fornire supporto medico, consulenza e sensibilizzazione sulla salute materna per aiutare tutte le donne che hanno bisogno.