La cittadina di Záhony è sempre stata un luogo tranquillo nella campagna ungherese a pochi chilometri dal confine con l’Ucraina. Ma il 24 febbraio scorso, tutto è cambiato.
Záhony rappresenta infatti il principale punto di accesso all’Ungheria per le decine di migliaia di rifugiati in fuga da una guerra che ha già costretto quasi 3 milioni di persone a fuggire dal proprio Paese. 263.000 di loro hanno trovato la salvezza in Ungheria, buona parte proprio varcando il confine a Záhony. Quella che era una normalissima stazione ferroviaria di provincia si è improvvisamente trasformata in un centro di transito in cui da ogni treno scendono fino a 500 profughi, perlopiù donne, bambini e anziani.
Il viaggio per l’Ungheria è lungo ed estenuante. In pochissimo tempo, queste persone sono state costrette a fuggire, portando con sé poco o nulla e preparandosi ad affrontare giorni di viaggio con le temperature glaciali e il rischio di attacchi aerei.
“Ho preso poche cose con me: dei giochi per mia figlia e le foto della mia famiglia. La foto di mia madre la porto con me. In questo momento ho lasciato tutto in stazione”. A pronunciare queste parole è Olga, una giovane donna di 28 anni che incontriamo in un dormitorio del paese, insieme a sua figlia Karina di 7 anni e sua nonna di 72. Dopo 5 giorni e 5 notti chiuse in un rifugio antiaereo, senza quasi più viveri e con il rumore delle bombe, hanno deciso di lasciare la propria città e sono scappate. Mentre ci racconta la sua storia, Olga cerca di rimanere calma, per non turbare ulteriormente la piccola Karina che è ancora molto spaventata e traumatizzata. “Di notte ha gli incubi, la sento gridare nel sonno che dobbiamo scappare”, ci racconta mentre sua figlia nasconde il viso nel suo grembo.
Olga è una delle migliaia di persone che ogni giorno transita per Záhony, dove Cesvi sta ultimando la costruzione del primo Entry Point Hub, un tendone di 200 mq che può servire fino a 10.000 persone al giorno.
È il primo luogo sicuro che incontrano all’arrivo in Ungheria, dove possono finalmente tirare un sospiro di sollievo e riprendersi dal lungo viaggio. I 50 volontari distribuiscono pasti caldi, tè e caffè, che dopo giorni e giorni passati nella morsa del gelo regalano un po’ di sollievo. I bambini ricominciano a giocare, mentre le loro mamme possono ricaricare i propri telefoni e, con la connessione Wi-Fi fornita da Cesvi, contattare i propri cari rimasti in patria. I volontari e lo staff di Cesvi sono, inoltre, a disposizione per dare loro tutte le informazioni necessarie sullo status di protezione temporanea e sui trasporti per raggiungere altre città e Paesi europei.
Il flusso di profughi non accenna a ridursi. Sono sempre di più e sempre più provati dalla guerra. Grazie al vostro sostegno, possiamo fare veramente la differenza. Continuate a sostenere il lavoro di Cesvi per fronteggiare la crisi in Ucraina.