CESVI presenta la 20esima edizione italiana dell’Indice Globale della Fame (GHI): fame allarmante in 7 Paesi e grave in 35.
In tutto il mondo oltre 295 milioni di persone colpite da fame acuta, di cui metà provocati da conflitti, il doppio dell’intera popolazione italiana.
È quanto emerge dall’Indice Globale della Fame 2025 (Global Hunger Index – GHI), tra i principali rapporti internazionali sulla misurazione della fame nel mondo, curato da CESVI per l’edizione italiana e redatto da Welthungerhilfe (WHH), Concern Worldwide e Institute for International Law of Peace and Armed Conflict (IFHV).
Il rapporto evidenzia che, attualmente, sono oltre 40 i Paesi del mondo, che stanno fronteggiando livelli di fame grave e allarmante.
«C’è un dato anche più preoccupante e che chiama in causa un disinteresse endemico e diffuso, impegni su scala mondiale presi e poi disattesi – sottolinea Gigi Riva, editorialista di Domani e scrittore, nella prefazione del GHI 2025 – Le cifre, al proposito, sono impietose. Dal 2016 ad oggi, dunque nell’arco degli ultimi dieci anni, la riduzione della fame nel mondo è stata minima. Tanto da poter pronosticare che sarà forzatamente disatteso l’obiettivo ambizioso della “fame zero” entro il 2030. Se si procedesse gli attuali ritmi, la meta della scomparsa della fame sarebbe raggiunta nel 2137, più di un secolo dopo».
FAME ALLARMANTE O GRAVE IN 42 PAESI
Il punteggio mondiale dell’Indice Globale della Fame (GHI) 2025 è 18,3, indicativo di un livello di malnutrizione globale “moderato”: nel 2024, le persone che hanno sofferto di fame acuta sono state complessivamente oltre 295 milioni in 53 Paesi e territori, 13,7 milioni in più rispetto al 2023[2].
I quattro indicatori chiave del rapporto – denutrizione, arresto della crescita infantile, deperimento infantile e mortalità infantile – restano lontani dagli obiettivi internazionali e non si registrano progressi significativi dal 2016 a causa della sovrapposizione di diverse crisi: conflitti armati, shock climatici e fragilità economiche.
Dal GHI 2025 emerge che la fame ha raggiunto livelli allarmanti in 7 Paesi – Haiti, Madagascar, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Sud Sudan, Burundi e Yemen – ed è classificata come grave in altri 35. In 27 Paesi si registra addirittura un peggioramento rispetto al 2016. Il punteggio più grave del GHI 2025 è quello registrato dalla Somalia (42,6).
Va tuttavia precisato che in diversi Paesi – tra cui Palestina e Sudan, oltre a Burundi, Corea del Nord e Yemen – la situazione è così critica da rendere impossibile il calcolo completo dei punteggi di GHI, a causa della mancanza di dati essenziali. Gli indicatori disponibili, tuttavia, segnalano un peggioramento delle condizioni e suggeriscono che la realtà sia persino più grave di quanto riportino le statistiche. «Quando i sistemi di monitoraggio vengono indeboliti o smantellati, i bisogni diventano “invisibili” – prosegue Piziali – e quindi non riescono più ad attrarre aiuti, alimentando un circolo vizioso».
A livello regionale, la fame resta grave in Africa subsahariana e in Asia meridionale (con un punteggio GHI rispettivamente di 27,1 e 24,9), mentre si riscontrano lievi miglioramenti globali, legati soprattutto ai progressi in alcune aree dell’Asia meridionale, sud-orientale e dell’America Latina. Tuttavia, questi avanzamenti restano fragili e possono essere rapidamente compromessi, a conferma della necessità di politiche solide, sistemi di allerta precoce, misure di resilienza climatica e trasformazioni strutturali dei sistemi alimentari per consolidare i risultati raggiunti. Per questo il rapporto lancia un appello urgente per rafforzare gli aiuti, investire in sistemi alimentari resilienti, adottare politiche di lungo periodo e garantire il diritto al cibo come diritto umano fondamentale.
LE REGIONI DEL MONDO PIÙ COLPITE DALLA FAME
La regione dell’Africa a sud del Sahara detiene ancora il primato mondiale di mortalità infantile sotto i 5 anni: in Chad, Niger, Nigeria e Somalia il livello resta estremamente allarmante. Il Sudan e il Sud Sudan il conflitto in corso dal 2023 ha frammentato i sistemi alimentari, ostacolato la distribuzione degli aiuti e provocato lo sfollamento di milioni di persone. A metà del 2024 è stata confermata la carestia in alcune aree del Darfur, con circa 760.000 persone[3] in condizioni di insicurezza alimentare a livello catastrofe (Fase 5 IPC).
In Asia meridionale la denutrizione colpisce ancora quasi 1 persona su 8, ed è in questa regione che si trova quasi il 40% della popolazione denutrita a livello globale. I livelli di denutrizione sono in aumento rispetto al 2016 e Afghanistan, Pakistan e Sri Lanka registrano livelli di fame in aumento.
In Asia Occidentale e in Nord Africa la violenza armata in Paesi come Siria, Yemen, Territori Palestinesi occupati ha gravemente colpito la produzione agricola e i sistemi alimentari, provocando milioni di sfollati e riducendo le possibilità di accesso al cibo.
Nella regione dell’Asia orientale e Sud Est Asiatico, tra i Paesi che affrontano le difficoltà peggiori vi è il Myanmar, con un punteggio GHI pari a 15,3 (fame moderata). L’escalation di violenza e il terremoto del marzo 2025 ha provocato circa 3 milioni di sfollati[4] messo oltre 14 milioni di persone, pari al 25% della popolazione, in condizioni di insicurezza alimentare critiche[5].
Accanto a queste emergenze, dal 2016 alcuni Paesi hanno registrato progressi significativi. Bangladesh, Nepal, Togo, India, Etiopia, Angola e Sierra Leone dimostrano che politiche mirate e investimenti costanti possono produrre risultati concreti nella lotta alla fame. Si tratta però di progressi fragili: senza strategie di lungo periodo, sistemi di allerta precoce e strumenti di resilienza climatica, i miglioramenti rischiano di non consolidarsi.
Per approfondire il focus del GHI 2025 “Fame come arma di guerra” qui.
Per scaricare l’Indice Globale della Fame 2025: versione integrale e sinossi.