«Nonostante l’attenzione sia calata sulla crisi a Gaza, la situazione è più grave che mai: 1.700.000 persone vivono lontane dalle proprie case senza le più basilari condizioni igienico sanitarie. Ora tra i maggiori rischi ci sono le inondazioni dei campi a causa delle piogge». racconta Giulio Cocchini, Emergency Coordinator per Gaza.
Nella stagione invernale le precipitazioni si intensificano aumentando così il rischio di inondazioni proprio nelle aree più sensibili come i campi sfollati, dove ormai vive la quasi totalità della popolazione della Striscia. Sono circa 850 mila le persone a rischio di ulteriori sfollamenti ed esposizione a rischi per la sicurezza e malattie. A questo si aggiunge poi il freddo, con la diminuzione delle temperature la situazione è ancora più drammatica: almeno 7 neonati sono morti di ipotermia.
Sul campo i nostri operatori stanno proprio portando avanti importanti interventi di winterisation e di raccolta dei rifiuti, a Gaza City (nella scuola Al Rafideen e nell’accampamento di Fehmi Jerjawi) e nel centro della Striscia raggiungendo oltre 11,3 mila sfollati. Le attività consistono in particolare nella manutenzione e realizzazione dei canali di scolo e degli argini per proteggere gli accampamenti dalle inondazioni, oltre alla pulizia dei sistemi di raccolta delle acque reflue e raccolta dei rifiuti nei siti di sfollamento.
Un lavoro fondamentale per garantire le condizioni minime di vivibilità in un contesto già fortemente compromesso e instabile come quello dei campi dove l’accesso ai servizi di base di acqua, igiene e sanificazione (WASH) continua a deteriorarsi.
Tre quarti delle infrastrutture WASH nelle aree del nord della Striscia sono state danneggiate; la gestione delle acque reflue e dei rifiuti solidi è progressivamente crollata, mentre infrastrutture critiche, come gli impianti di trattamento delle acque reflue, sono danneggiati o inaccessibili, aumentando il rischio di contaminazione e trasmissione di malattie (OCHA). Nella maggior parte degli accampamenti mancano latrine e servizi igienici, le persone sono spesso costrette a percorrere lunghe distante per raggiungere altri accampamenti – a loro volta sovraffollati – solo per usare il bagno. E proprio per rispondere a questa situazione continuano i nostri interventi di riabilitazione o installazione di strutture igienico-sanitarie adeguate in circa 30 siti di sfollati.
Continua a peggiorare la situazione di insicurezza alimentare in cui versa la popolazione. I sistemi alimentari di Gaza sono ormai al collasso. Secondo le ultime analisi IPC, il rischio di carestia a Gaza è altissimo. Le proiezioni stimano che nei prossimi mesi il 91% della popolazione – 1,95 milioni – dovrà convivere con livelli di insicurezza alimentare acuta. Anche il livello di malnutrizione globale acuta è aumentato sensibilmente, colpendo 1 bambino su 10.
A Gaza, le persone senza accesso agli aiuti umanitari sopravvivono con meno di 250 kcal al giorno, l’equivalente di circa 4 biscotti, come ci racconta una donna «Anche se la frutta e la carne fossero disponibili, non abbiamo soldi per comprarla. Non c’è reddito. Ho 7 figli, viviamo in 10 in una tenda. Sono da sola a occuparmi di loro, non abbiano nemmeno il pane, stiamo letteralmente morendo di fame».
Nelle scorse settimane abbiamo raggiunto un importante traguardo. Siamo finalmente riusciti a far accedere dopo diversi mesi di attesa, 3 camion di pacchi alimentari attraverso il valico di Kerem Shalom. Oltre 300 pacchi sono stati distribuiti nell’accampamento di Al Baraa – nel centro della Striscia – raggiungendo quindi oltre 1.700 sfollati.
La guerra a Gaza non è ancora finita e i bisogni della popolazione sono sempre più stringenti. Non possiamo fermarci ora. Continua a sostenere i nostri interventi per garantire acqua, cibo e condizioni di vita accettabili alla popolazione.