Libano: CESVI e la Cooperazione Italiana al fianco delle comunità più vulnerabili

In Libano, l’emergenza non conosce tregua. A partire dal settembre 2024, una nuova e violenta escalation del conflitto nel Sud e nell’Est del Paese ha innescato una crisi umanitaria che aggrava ulteriormente una situazione socioeconomica già profondamente compromessa. Ad oggi, oltre 3,7 milioni di persone – quasi due terzi dell’intera popolazione del Paese – hanno bisogno di assistenza umanitaria. Tra loro, 1,3 milioni sono bambini, la cui infanzia è stata sconvolta dalla paura e dall’instabilità.

In seguito ai bombardamenti e agli scontri nei sobborghi meridionali di Beirut, nel Sud del Paese e nella valle della Bekaa, oltre 1 milione di persone è stato costretto alla fuga. Con il cessate il fuoco, molti di loro sono potuti rientrare nei propri villaggi, ma ancora oggi oltre 100mila persone sono ancora sfollate: intere famiglie che hanno dovuto abbandonare le proprie case per mettersi in salvo, trovando rifugio in scuole, edifici pubblici o ospitate da conoscenti, spesso in condizioni precarie e sovraffollate.

A tutto questo si aggiunge un altro dato allarmante: oltre 1 milione di persone in Libano vive oggi in condizione di insicurezza alimentare acuta. Il conflitto ha colpito le aree dove si concentra la maggior parte della produzione agricola del Paese, impattando sia i raccolti sia le opportunità di sussistenza della popolazione. In molte aree del Paese, mettere un pasto caldo in tavola è diventato un’impresa quotidiana.

Una risposta integrata per sostenere i più vulnerabili

In questo scenario di emergenza, CESVI ha avviato il progetto “Assistenza umanitaria multisettoriale volta alla protezione dei civili sfollati in Libano”, finanziato dalla Cooperazione Italiana e realizzato con la collaborazione del partner Mousawat, mirato a rispondere ai bisogni delle famiglie sfollate, sia all’interno dei rifugi collettivi sia presso le comunità ospitanti. L’intervento si è concentrato nelle aree maggiormente colpite dalla crisi – Beirut, Mount Lebanon, Saida e Baalbek – dove l’arrivo massiccio di sfollati e il loro successivo ritorno hanno messo ulteriormente sotto pressione i servizi, già fortemente compromessi.

Nel corso del progetto, CESVI ha distribuito 1.000 kit di emergenza e 806 kit igienico-sanitari, essenziali per affrontare i mesi invernali in condizioni di sicurezza e con dignità. Contemporaneamente, oltre 750 famiglie hanno ricevuto pacchi alimentari, contribuendo ad alleviare l’insicurezza alimentare, che colpisce soprattutto le famiglie più vulnerabili. Inoltre, per 445 nuclei particolarmente fragili, CESVI ha fornito supporto economico per permettere loro di far fronte alle spese quotidiane in un contesto di povertà crescente.

Ma la risposta non si è limitata all’aiuto materiale. Attraverso l’impiego di cliniche mediche mobili del nostro partner Mousawat abbiamo garantito oltre 3.000 visite sanitarie, raggiungendo anche comunità remote e isolate. E per più di 600 bambini – molti dei quali traumatizzati dalle violenze e dallo sfollamento – sono stati attivati percorsi di supporto psicosociale, offrendo uno spazio sicuro in cui tornare a essere semplicemente bambini, fornendo supporto anche alle loro famiglie.

“Abbiamo vissuto due mesi molto duri. I bombardamenti continuavano giorno e notte, non sapevamo dove nasconderci. I miei bambini erano terrorizzati, non dormivano, piangevano. In quella confusione, abbiamo incontrato gli operatori di CESVI, che ci hanno aiutato molto. Ora i miei figli colorano, disegnano e sono tornati a sorridere. È come se stessero finalmente uscendo da quel buio”, racconta Hossam, padre di cinque figli e sfollato a Baalbek nei primi mesi dell’escalation del conflitto.

La crisi in Libano resta lontana da una soluzione e il futuro di milioni di persone continua a essere sospeso tra l’incertezza e il bisogno. In questo contesto, CESVI e la Cooperazione Italiana continuano a rimanere al fianco delle comunità più colpite e vulnerabili, rispondendo ai bisogni di chi, ogni giorno, cerca di ricostruire la propria vita.

© Foto di Francesca Volpi e Ali Khedr