A Put Foot Rally concluso, le Pink Mambas sono tornate vittoriose alla base, stanche ma felici. Il loro avventuroso viaggio le ha condotte nei luoghi più affascinanti dell’Africa meridionale, dai paesaggi desertici della Namibia alle suggestive saline del Botswana. Ma il vero fulcro della loro missione, la ragione ultima della loro partenza, è una casa colorata nella baraccopoli di Philippi a Cape Town, Sudafrica. Una struttura che offre ospitalità, cure e opportunità formative a donne vittime di violenza e ai loro bambini. È alla Casa del Sorriso di Cesvi, visitata nei giorni precedenti alla partenza del Put Foot Rally, che le quattro ralliste hanno infatti deciso di devolvere il ricavato della raccolta fondi legata alla corsa benefica.
Tirando le somme del viaggio appena terminato, le Pink Mambas dedicano un pensiero speciale proprio alle donne incontrate nella Casa.
Con le donne, per le donne
Testo e foto di Valentina Prati
“Davvero? Non vi è successo nulla?”. Un filo di delusione negli occhi delle persone con cui parliamo lo vediamo sempre. E un po’ ci dispiace non poterle intrattenere con racconti truculenti di scampati pericoli mortali, però in effetti non abbiamo neanche mai bucato una ruota.
A onor del vero c’è stata quella volta, in Namibia, in cui la macchina ha slittato sulla ghiaietta vicino a un dirupo, ma Cristina ha mantenuto il controllo della Ginger con invidiabile sangue freddo. E un’altra volta la bombola del gas ha preso fuoco, e avrebbe probabilmente distrutto l’intero campeggio, se Nazzara non avesse prontamente afferrato l’estintore e spento l’incendio. E un’altra ancora in cui sì, quei due occhietti gialli che ci fissavano nel buio del campeggio deserto potevano anche essere di un cane, ma corriamo comunque verso la macchina che non si sa mai.
Bazzecole, rispetto agli scenari apocalittici che ci immaginavamo alla vigilia della partenza. E onestamente, riguardando indietro ora, sembra essere stato così facile partire dalle nostre case in Italia, scendere fino a Cape Town e da lì partire per un viaggio in macchina su strade sconosciute e per lo più malmesse, per varcare il traguardo migliaia di chilometri dopo sulla spiaggia di Inhassoro, Mozambico, accompagnate dalle note di “We are the Champions” dei Queen, sparate a tutto volume dalle casse della Ginger.
È stato certamente faticoso (alcuni giorni guidavamo per 12 ore, a volte il buio ci sorprendeva ancora per strada; la sera arrivate in campeggio dovevamo montare tutto per smontarlo poche ore dopo, all’alba, prima della nuova partenza: ci alzavamo quasi sempre prima delle 5), ma dopotutto naturale, come fosse una cosa che si fa abitualmente.
Dobbiamo ripensare ai primi mesi, a quando abbiamo deciso che l’avremmo fatto e che ce l’avremmo fatta, per capire il lato – passateci il termine – eroico di questa vicenda che ci ha portato sulle peggiori strade nel Sud del mondo, dove le buche sono alte come un braccio e lunghe come una gamba e dove ti sembra di essere in un videogame mentre cerchi di schivare la mucca/la capra/la zebra/il bambino che vende topi abbrustoliti/l’uomo che trasporta due maiali sulla bicicletta.
Ci siamo imbarcate in quest’impresa un po’ sprovvedute, spinte dalla voglia di vivere l’avventura della vita e di dimostrare agli scettici che ce l’avremmo fatta alla grande, anche se a volte noi per prime dubitavamo di poterne uscire vive.
Avevamo davanti a noi la possibilità della scoperta: scoperta di Paesi sconosciuti e di persone lontane da noi, ma anche scoperta di noi stesse, dei nostri limiti e della nostra capacità di affrontarli, domarli, superarli. E grazie a quella piccola grande decisione (sì, lo facciamo! Alle paure ci penseremo poi) ci siamo trovate a scalare le dune, a saltare le onde alte di un lago più grande della Sicilia, a urlare di gioia nel tirare la macchina fuori dalla sabbia, a giocare al mimo con i bambini furbetti del Malawi, a mangiare i migliori calamari del mondo su una spiaggia dell’Oceano Indiano. A vivere emozioni che chissà se mai si ripeteranno, a stringere profonde amicizie profondamente improbabili, a riempire la Ginger di un clima di esaltato “cameratismo” che sarà dura scalfire.
Abbiamo dedicato questo viaggio a tutte le donne del mondo, nella speranza di diventare per loro un piccolo esempio di coraggio che possa ispirarle nell’affrontare le paure e i pregiudizi che le legano a una dimensione che non sentono propria. Noi stesse abbiamo attinto il nostro coraggio da altre donne: quelle che abbiamo incontrato nella Casa del Sorriso di Cape Town e che lottano ogni giorno per superare i traumi delle violenze subite grazie al sostegno e al calore dello staff di Cesvi. Le ringraziamo ancora una volta per averci incontrate, abbracciate, accolte; per aver condiviso con noi il loro percorso di vita e aver sostituito per un attimo le lacrime con una risata. Sono loro le vere eroine di tutta questa storia.