La fame globale è in calo, ma la situazione rimane grave. Dei 120 Paesi analizzati, 3 sono in condizioni estremamente allarmanti (Burundi, Eritrea e Comore), 16 hanno un livello di fame allarmante (tra cui Haiti, India, Mozambico) e 37 grave (tra cui Zimbabwe, Uganda e Kenya).
Questi gli ultimi dati emersi dall’Indice Globale della Fame (Global Hunger Index – GHI) presentato a Milano da Cesvi in collaborazione con ISPI e Link2007, con il patrocinio di Expo2015.
L’Indice della Fame a livello mondiale scende dai 19,8 punti del 1990 ai 13,8 del 2013,ma l’Africa subsahariana e l’Asia Meridionale mantengono valori ancora molto elevati con 19,2 e 20,7 punti.
Le inadeguatezze sociali e il basso livello nutrizionale, educativo e sociale delle donne sono ancora le cause principali della denutrizione infantile in Asia Meridionale.
L’Africa subsahariana presenta un grave livello di fame, tuttavia la stabilità politica, la crescita economica, i successi della lotta all’HIV, la diminuzione dell’incidenza della malaria, il miglioramento dell’assistenza prenatale, il più ampio accesso all’acqua potabile e alle strutture igienico-sanitarie hanno permesso un lento ma progressivo miglioramento.
L’Indice è uno strumento, realizzato da IFPRI, Welthungerhilfe e Concern, che combina tre indicatori: la percentuale di popolazione denutrita, il tasso di mortalità infantile sotto i 5 anni e la percentuale di bambini sottopeso con meno di 5 anni, attribuendo un punteggio a livello mondiale, regionale e nazionale. Ogni anno il GHI propone un approfondimento tematico che aiuta ad analizzare la fame come fenomeno multidimensionale: il tema del 2013 è la Resilienza Comunitaria alla denutrizione.
“L’incapacità di far fronte a shock e fattori di stress come alluvioni, terremoti o aumento dei prezzi è una delle ragioni chiave dello stato di povertà in cui vivono le popolazioni vulnerabili” – afferma Giangi Milesi, Presidente Cesvi. “Una comunità è resiliente” – continua il Presidente del Cesvi – “quando migliora le sua capacità di risposta ai traumi e di adattamento nel medio-lungo periodo impiegando nuove strategie agricole e valorizzando le risorse locali.”
I partecipanti alla tavola rotonda: Giangi Milesi, Presidente Cesvi, Stefano Gatti, Direttore Generale Divisione Partecipanti Expo2015, Maurizio Martina, Sottosegretario del Ministero delle Politiche Agricole con delega per Expo2015 e Daniele Panzeri, Rappresentante Cesvi in Myanmar, hanno convenuto che identificare le azioni per promuovere la resilienza delle comunità povere è prioritario per aiutarle a uscire dall’insicurezza alimentare e nutrizionale. I donatori internazionali sono chiamati a supportare programmi di aiuto umanitario e di sviluppo che promuovano la resilienza delle comunità, mentre i governi locali dovrebbero facilitare un approccio multisettoriale, integrando le attività di tutti i ministeri. Il ruolo delle Ong è quello di realizzare progetti finalizzati al raggiungimento di una risposta integrata, multidimensionale e partecipativa dei beneficiari.
“In Myanmar, Cesvi lavora nella Dry Zone, una delle aree più povere del Paese, dove il 41% della popolazione non raggiunge un’adeguata sicurezza alimentare” – afferma Daniele Panzeri, Rappresentante Cesvi in Myanmar. “Per far sì che gli abitanti della Dry Zone abbiano accesso a una quantità di cibo sufficiente e sostenibile nel tempo” – prosegue Panzeri – “Cesvi realizza programmi volti a rafforzare la capacità delle comunità locali e la loro resilienza attraverso il coinvolgimento e la co-partecipazione a tutte le fasi progettuali”.
Il rapporto è stato presentato in contemporanea mondiale in Italia, Francia, Germania, USA, Inghilterra, Irlanda e Belgio, grazie alla collaborazione di Alliance2015, un network europeo di 7 ONG di cui Cesvi fa parte dal 2002. Quest’anno l’Indice Globale della Fame è stato presentato grazie al contributo della Commissione Europea, del Comune di Milano e di Coop Lombardia.
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Foto REUTERS/James Akena