Ali, 10 anni, vive con i genitori in un campo di sfollati nella Somalia centro-meridionale. È il secondogenito di 9 figli, 4 maschi e 5 femmine. Suo padre è uno spacciatore di Khat, una droga eccitante che viene masticata dagli uomini, molto comune in questo Paese. Sua mamma è una donna delle pulizie: lava gli abiti di alcune famiglie, andando di casa in casa.
Il padre non contribuisce in alcun modo all’economia familiare. È sempre assente e torna a casa molto tardi, ogni notte. La mamma di Ali si occupa da sola dei figli e di tutte le faccende domestiche. Suo marito, oltre a non dare alcun supporto, è spesso aggressivo, come tutti i consumatori di Khat.
In una realtà così dura, anche la madre finisce per trascurare Ali e lui soffre molto a causa di questo contesto familiare. Non frequenta la scuola e non vuole più giocare con gli amici.
Un giorno Amina, un’operatrice locale del Cesvi, lo trova seduto da solo in città, in un angolo della strada. È molto triste, passivo, con lo sguardo perso nel vuoto. Amina si avvicina cercando di stabilire con lui una comunicazione amichevole. Usando alcune tecniche professionali per avviare un dialogo, riesce a ottenere la sua attenzione e la sua fiducia.
Ali si sente sollevato e si apre. Può finalmente esternare le emozioni negative che lo tormentano da tempo. Racconta ad Amina la sua situazione familiare e si definisce un orfano, un bambino privo delle cure e della protezione che i genitori dovrebbero dare ai figli.
L’operatrice lo rassicura cercando subito di offrirgli un supporto emotivo e di trasmettergli messaggi positivi. Gli promette che parlerà con i suoi genitori e lo invita ad unirsi alle attività ricreative organizzate quotidianamente nel Safe Space Centre, il centro amico dei bambini creato dal Cesvi con il sostegno di ECHO, l’Ufficio Aiuti Umanitari della Commissione Europea. Uno spazio sicuro in cui un qualificato staff locale lavora per supportare i bambini più vulnerabili a livello psicosociale.
Stabilire un contatto con il padre di Ali non è facile. All’inizio l’uomo si rifiuta di ascoltare l’operatrice del Cesvi e si mostra rude e arrogante. Ma dopo molti tentativi, con pazienza e con le parole giuste, Amina riesce a parlargli con franchezza e a raccontargli i problemi di Ali.
Questo è l’inizio di un percorso fatto di visite domiciliari e di un dialogo aperto. Pian piano, il padre ammette di avere trascurato la moglie e i figli e si dichiara disponibile a cambiare il suo comportamento per il bene della famiglia. Accetta i consigli di Amina impegnandosi a collaborare di più con la moglie e a rafforzare il legame affettivo con i suoi figli, partendo dal tempo trascorso con loro e dai momenti di gioco.
Anche la mamma di Ali viene supportata sul piano psicologico-emotivo e spronata ad acquisire un atteggiamento più forte e positivo. Per lei è un vero sollievo sapere di avere una persona su cui contare, pronta a darle assistenza e a seguire i suoi bambini. Entrambi i genitori sono felici che Ali inizi a frequentare il Safe Space Centre di Cesvi e ECHO e, in seguito, acconsentono ad iscriverlo alla scuola più vicina, nella prima classe.
Ancora oggi, Amina visita regolarmente la famiglia per tenere monitorata la situazione. Ali è molto motivato negli studi e dimostra di impegnarsi tantissimo. Ha riacquistato il suo entusiasmo e l’equilibrio emotivo che ogni bambino della sua età dovrebbe avere.
Ora gli operatori di Cesvi sono pronti a estendere l’aiuto ai fratelli di Ali, che ancora non frequentano la scuola. Presto anche loro potranno beneficiare del programma di supporto psicosociale e cominciare gli studi. L’educazione è un diritto, per ogni bambino.