di Matteo Manara
Paida oggi ha 15 anni e vive ad Hatcliffe, un quartiere piuttosto povero che si trova alla periferia di Harare, in Zimbabwe. Nella testimonianza che abbiamo raccolto, ci ha raccontato il giorno in cui la sua vita è cambiata. Da allora Paida ha ritrovato la speranza.
È mattina. Paida, 11 anni, vede diversi bambini passare accanto alla sua piccola abitazione per andare a scuola, vestiti di tutto punto nella loro uniforme. L’invidia è tanta, perché lei, l’ultima volta che è stata a scuola, quasi non la ricorda nemmeno. E l’invidia lascia presto spazio alle lacrime, quelle di chi si chiede, per l’ennesima volta… “Perché proprio io? Perché proprio io e i miei fratelli? Cosa abbiamo fatto di male per meritarci una vita fatta di miseria e di sofferenza, quando qui intorno sembra che gli altri se la passino almeno un pochino meglio?”.
Mentre i coetanei sono sui banchi di scuola, per Paida inizia la solita giornata di vagabondaggio per le stradine del quartiere, in compagnia della sorella maggiore e dei suoi altri due fratelli, un maschio e una femmina di alcuni anni più piccoli di lei. La speranza è che almeno oggi il padre possa portare a casa qualcosa, perché le sere in cui sono dovuti andare a dormire affamati ormai non si contano più.
Per un attimo il pensiero di Paida vola alla sua mamma, di cui si sono perse le tracce da tempo. Si è lasciata alle spalle un matrimonio scavato dalla povertà, si è risposata, e sembra essersi dimenticata completamente di loro. Paida ritorna al giorno in cui le pare, con i suoi occhi di bambina, che sia crollato tutto. Il giorno in cui il padre e la madre litigarono aspramente, fino ad arrivare a pugni, a causa di una banconota da 1$ che era andata perduta. Non che prima, quando la mamma e il papà stavano insieme, le loro condizioni economiche fossero molto diverse… ma non le sembra vero che la sua famiglia si sia sfaldata per una ragione così futile, così banale.
Ad un certo punto, mentre i quattro fratelli stazionano senza far nulla davanti alla loro casupola, succede qualcosa di inatteso, che, inizialmente, mette anche un po’ di paura. C’è un piccolo van che si ferma davanti all’abitazione, da cui scendono alcuni adulti che sembrano andare loro incontro. Strano, perché negli anni nessuno si è mai preoccupato di questi “bambini di serie B”. Guardando meglio, però, i giovani identificano nel gruppo una figura nota, è Mrs Mhaka, una maestra che hanno conosciuto quando frequentavano ancora la scuola del quartiere (la Tichakunda Welfare Primary School, nata nel 2005 e che negli anni ha ricevuto anche il supporto di CESVI). La maestra è accompagnata da alcuni operatori di CESVI, venuti a fare conoscenza dei bambini e a proporre un sostegno economico per farli tornare a scuola. La loro famiglia era infatti stata segnalata dal preside della scuola tra quelle che maggiormente necessitavano di un aiuto.
Sono passati quattro anni da quel giorno e Paida frequenta regolarmente la scuola Tichakunda, come i suoi fratelli e altri vicini bisognosi, grazie al sostegno di CESVI. Attende con ansia di poter ottenere il suo certificato di nascita, fondamentale per sostenere gli esami di fine ciclo il prossimo anno. E sogna, sogna di diventare un’infermiera per prendersi cura dei suoi familiari e di suo padre, quando sarà anziano.