“La situazione è molto grave e difficile. Ogni minuto sentiamo i morsi della fame e dell’insicurezza alimentare. La scorsa settimana il prezzo di un chilo di farina ha raggiunto i 150 Nis e oggi non c’è farina a Gaza, questo rappresenta davvero una grande preoccupazione per me. Ho dei figli e loro non capiscono il significato della guerra, desiderano solo mangiare per stare bene”.
A raccontare della drammatica situazione a Gaza è un nostro collega, ma allo stesso tempo uomo, padre, vittima, insieme alla sua famiglia, della catastrofica emergenza umanitaria in cui è sprofondata la Striscia di Gaza.
La situazione di insicurezza alimentare è gravissima per la totalità della popolazione, ma in particolare per i più piccoli. Si stima infatti che tra il 13% e il 19% dei bambini – ovvero tra 132mila e 209mila – soffra di malnutrizione acuta (WHO).
Il cibo è introvabile o estremamente caro. I negozi sono in grave difficoltà e segnalano una forte carenza di generi alimentari primari. Prodotti come la farina hanno raggiunto i 150 shekel al chilo, circa 38€. Scarseggiano latte e formaggio, mentre moltissimi non hanno più beni essenziali come uova, riso e olio vegetale.
Le scorte si esauriscono più rapidamente di quanto possano essere rimpiazzate attraverso gli aiuti umanitari che faticano ad arrivare per le restrizioni in atto.
“Mio figlio ha sviluppato una grave allergia e ho bisogno di latte speciale per lui, ma non posso permettermelo. Sono stato costretto a fare i conti con la mancanza di risorse e le difficoltà quotidiane sono molte. Il costo della vita è diventato insostenibile. Anche i beni di prima necessità sono diventati troppo costosi per essere accessibili. Già prima della guerra riuscivamo faticosamente a crescere i nostri figli, ma ora siamo privati di tutto e ci troviamo a lottare per sopravvivere” racconta Ahmed, un uomo sfollato a Rafah con la sua famiglia.
Tra le persone più colpite ci sono le donne in gravidanza, che si trovano a dover affrontare ostacoli nell’accesso ad alimenti speciali, medicinali e vitamine. Ogni famiglia ha dovuto ridurre il numero dei pasti e questo sta avendo risvolti critici in particolare per le donne incinta, in fase di allattamento e che devono nutrire i bambini più piccoli. La fame si manifesta visibilmente tra la popolazione, che si affida a elementi basici di sostentamento come pane morbido e olio per sopravvivere.
“La mancanza di cibo e di risorse è una costante preoccupazione per noi. Non abbiamo abbastanza da mangiare e spesso dobbiamo fare i conti anche con la mancanza di beni di prima necessità. Anche l’acqua dolce è diventata difficile da trovare, e dobbiamo accontentarci di ciò che possiamo trovare, anche l’acqua di mare” racconta Rania, una donna incinta.
Intanto la guerra non si arresta e continuano a salire i numeri del disastro. Si contano ad oggi almeno 31.112 morti e 72.760 feriti, di cui il 72% sono donne e bambini.
Noi di CESVI, con grande fatica, siamo riusciti ad entrare a Gaza con i nostri aiuti, ma la situazione è talmente critica che siamo ancora in attesa di poterli distribuire. In questa corsa contro il tempo, sottolineiamo la necessità di un cessate il fuoco immediato per poter portare aiuti alla popolazione stremata.
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