Giovanni è un ragazzo preadolescente di 14 anni. Lo abbiamo incontrato insieme alla Cooperativa Il Grillo Parlante con la quale collaboriamo a Napoli, uno dei principali territori in cui interveniamo nel nostro Paese con il programma di prevenzione e contrasto alla trascuratezza e al maltrattamento infantile. Secondo l’Indice regionale sul maltrattamento all’infanzia in Italia 2021 infatti, la Campania è la Regione che evidenzia più carenze di politiche e servizi territoriali, situazione aggravatasi durante la pandemia di COVID-19.
Giovanni è stato segnalato dalla scuola e dai servizi sociali, è un ragazzo silenzioso, timido e molto introverso, con potenzialità che non trovano spazio di espressione a casa.
Vive con la sorella e la madre e, con quest’ultima, c’è un grande gap generazionale. La madre infatti è molto matura rispetto alla media, ha già altri figli e ha difficoltà a connettersi con Giovanni. Fin da piccolo, il ragazzo viene richiamato da educatori e insegnanti per scoppi di rabbia, irruenza e talvolta violenza con i suoi coetanei. Viene considerato ribelle, poco rispettoso ed educato, sempre in atteggiamento oppositivo. La madre non ne capisce il perché e, a specchio, il bambino non riesce a esprimere a parole il suo disagio.
Con gli anni, a scuola va sempre peggio, il gruppo classe non è uno spazio adatto per i suoi bisogni e diventa pluriripetente. Così, in una spirale negativa, Giovanni smette di sognare, di avere prospettive per il futuro.
Grazie a un lavoro paziente e attento con gli operatori, la madre inizia a prendere consapevolezza. Quando iniziano i primi colloqui, il padre è ancora in casa con loro. Emerge che Giovanni è cresciuto in un ambiente di carenza affettiva, di forte conflittualità ed aggressività, con un padre giocatore d’azzardo, assente, violento nei confronti della madre, a parole e a gesti, e una madre stanca, abusata e che spesso eccedeva nell’uso di alcol.
In questo percorso è come se la madre si risvegliasse dopo tanto tempo: decide di separarsi dal marito dopo molti anni di matrimonio e, con molte difficoltà e incontri con gli operatori, ritrova il suo ruolo di madre. “Se avessi avuto la possibilità di scoprirmi prima, avrei evitato tutto questo a Giovanni”, dice con rammarico.
Oggi è una donna che affettivamente è presente, ma alla vecchia maniera: vive per il figlio, ma non riesce a dirglielo. Stiamo quindi cercando di avvicinare le emozioni dei due: provare a dire l’uno all’altro come ci si sente, come si sta, quali emozioni si provano.
Giovanni ha avuto una reazione particolare all’uscita del padre di casa: “io non vedevo l’ora, finalmente non me ne devo occupare più”, ci racconta. Ora che questo non occupa più spazio nella sua mente, può smettere di sentirsi adulto, ricominciare a vivere la sua età e guardare avanti. Il grande lavoro è quello di fargli capire chi è realmente: un ragazzo di 14 anni che si sta affacciando alla delicata fase adolescenziale e che necessita di riferimenti adulti.
A piccoli passi, Giovanni ha ripreso a sognare. Da grande vuole aprire una pizzeria a New York e ci dice: “io lo so che non mi devo fermare alla terza media non solo perché ‘l’aggia a fa’, ma perché devo studiare per diventare pizzaiolo”.
Può sembrare poco, ma è in realtà un grande passo riuscire ad immaginare il proprio futuro. Come dice l’operatrice che segue da vicino madre e figlio, “per noi, se riuscirà a diventare anche solo aiuto pizzaiolo, sarà un sogno realizzato, perché vorrebbe dire aver attuato un processo trasformativo partendo dalle risorse a disposizione”. Il futuro si costruisce a piccoli passi. Con Giovanni ripartiamo da qui, dal ricominciare a sognare.
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