Ameera siede nella fresca sala riunioni dell’ufficio di Cesvi. Le tende alle finestre sono tirate per proteggere la stanza dalle altissime temperature dell’estate libica. Ameera rievoca la sua storia raccontandola ad una psicologa di Cesvi e alla sua assistente sociale, che hanno seguito e supportato lei e suo figlio durante gli scorsi sei mesi.
La donna – rifugiata siriana di 40 anni e madre single di più figli – si è ritrovata in una situazione precaria in seguito alla scomparsa di suo marito nel 2017. Inoltre, Ameera soffre di una condizione medica che le causa molto dolore. Purtroppo, la sua condizione – considerata una disabilità – le impedisce di lavorare e si è trovata costretta a ritirare due dei suoi figli – entrambi minori di 15 anni – dalla scuola in modo che iniziassero a lavorare per potersi permettere il necessario per vivere e avere del cibo sulla propria tavola. “Ho dovuto privarli della loro infanzia e della loro educazione… Non eravamo al sicuro, né protetti o supportati. Ho dovuto farlo”. Purtroppo, la storia di Ameera riflette la realtà di molti rifugiati siriani in una Libia dilaniata dalla guerra. A luglio 2021, i siriani costituiscono il 34% degli oltre 42.000 rifugiati e richiedenti asilo registrati nel Paese (UNHCR 06/2021).
Già vulnerabile in quanto madre single, inabile al lavoro, faticando ad arrivare a fine mese e a mettere il cibo in tavola, Ameera racconta il momento cruciale in cui, alla fine dello scorso anno, suo figlio è stato vittima di un’aggressione da parte di un uomo del loro quartiere: “Per me è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso… Ero disperata”. In seguito alla violenza subita dal suo figlio minore, la famiglia ha vissuto nel terrore e nella paura costante di incontrare l’aggressore. “Eravamo in panico, pietrificati, rattristati…. e intrappolati in casa; non potevamo uscire”. Il figlio di Ameera ha sofferto di disturbo da stress post-traumatico e di conseguenza anche la salute mentale di tutta la famiglia si è deteriorata.
La loro situazione è aggravata dalla fragile stabilità del Paese. Nonostante un cessate il fuoco, fin da un nuovo inasprimento della violenza nel 2019, a causa della pandemia la Libia vissuto un nuovo momento di estrema difficoltà. Il COVID-19 ha esacerbato il fragile equilibrio del Paese, facendo emergere gravi problemi di protezione per tutta la popolazione, incluso un aumento del rischio violenza domestica a causa dei ripetuti lockdown e del coprifuoco, oltre ad una notevole riduzione delle opportunità di sussistenza.
Disperata, Ameera ha contattato UNHCR – l’Agenzia ONU per i rifugiati – che ha indirizzato lei e suo figlio a Cesvi, dove una psicologa e un’assistente sociale specializzata in violenza di genere hanno offerto loro servizi di assistenza sociale specializzati. Ameera e suo figlio sono ora parte del progetto di Cesvi “PEERS: Protection Enabling Environment and Resilience Services”, finanziato da EU Trust Fund for Africa (#EUTF4Africa). Ad oggi, Cesvi ha fornito servizi di supporto psicosociale non specializzati e servizi di assistenza sociale specializzati a più di 800 persone facenti parte delle comunità locali libiche, dei rifugiati e dei migranti.
“L’assistenza fornita da Cesvi è stata come un elettroshock che riporta alla vita… Come un battito, ci ha fatti resuscitare” racconta Ameera. Grazie al sostegno di Cesvi, Ameera e suo figlio si sono sentiti più sicuri e incoraggiati nell’intraprendere il proprio viaggio verso la guarigione. “Grazie al supporto psicologico, mio figlio è diventato più forte ed è ora in grado di affrontare le sfide della vita. Prima non riusciva ad andare da nessuna parte, ma ora riesce ad integrarsi nella società e a vivere la sua vita quotidiana con sicurezza. Finalmente è riuscito a superare la crisi e a continuare a studiare”.
Ameera ha riscontrato un netto miglioramento nel benessere dei suoi figli. Lei e i suoi figli si sono trasferiti dal loro vecchio quartiere e ora vivono in una nuova casa supportati finanziariamente da Cesvi, che ha offerto loro stabilità e un nuovo inizio. Come parte del progetto, i suoi figli ora possono frequentare delle sessioni educative informali al centro Baity di Misurata, gestito da Cesvi.
Con rinnovata forza e sicurezza, Ameera spera che la sua domanda di reinsediamento in un ambiente più stabile abbia esito positivo. Desidera una vita serena in cui i suoi figli non abbiano paura di essere discriminati o aggrediti. Per il momento, è grata per gli strumenti e i metodi che ha acquisito grazie ai servizi di consulenza psicologica di Cesvi. Sente di essere diventata più resiliente per affrontare le prossime sfide che incontrerà sul suo percorso e per vivere una vita più dignitosa per i suoi figli e per sé stessa.