testo di Matteo Manara tratto dalla Gazzetta del Sorriso di giugno, il periodico Cesvi dedicato ai donatori regolari.
Buoni o cattivi. È questa la prima e più immediata chiave interpretativa del vivere presente nella mente di un bambino. Ed è la lente attraverso cui Tendai, 12 anni, rilegge i primi 2 mesi della sua vita in strada: “Sulla strada c’è il buono e c’è il cattivo, puoi incontrare persone buone e persone cattive”. Persone buone come gli amici: Ronald, che gli ha fatto conoscere la Casa del Sorriso di Cesvi, dove Tendai riceve cibo, acqua pulita, cure mediche e frequenta le classi di recupero; Mike, perché è un ragazzino che non ruba; e gli altri 6 ragazzi, tutti più grandi di lui, con cui dorme tra gli alberi dei giardini pubblici di Harare. Ma anche persone cattive come i ragazzi che estorcono soldi ai più piccoli senza nemmeno dare del cibo in cambio, o come quelle che al semaforo schiacciano il piede sull’acceleratore e si spostano poco più avanti per non essere infastidite da chi chiede l’elemosina.
Eppure, come suggeriva il famoso brano di Vasco Rossi, la realtà è molto più complessa di così…
Tendai, orfano di entrambi i genitori fin da tenera età, viveva con lo zio paterno, che per molti anni l’ha tenuto in casa con sé, e i cuginetti. Egli attribuisce allo zio la grave colpa di non averlo mai mandato a scuola, rendendolo oggi uno dei pochi bambini che frequentano la Casa del Sorriso senza saper né leggere né scrivere. Buono o cattivo? “Nello Zimbabwe di oggi non è scontato che i parenti della famiglia allargata si facciano carico dei bambini rimasti orfani” – spiega Enias Marama, direttore della Casa del Sorriso – “anzi, la caduta di questa certezza, di questa tradizione, è proprio la cosa che mi ferisce di più. Allo stesso tempo, con la crisi economica che imperversa, non è nemmeno scontato che una famiglia possa farsi carico di una retta scolastica aggiuntiva, motivo per cui noi ci offriamo di pagarla nei casi di reinserimento familiare di un bambino”.
Negli ultimi tempi vissuti con lo zio, Tendai era diventato molto insistente sul tema della scuola. Si lamentava spesso, dicendo di volersi trasferire da una zia che secondo lui avrebbe potuto assecondarlo in questo diritto e desiderio. Atteggiamenti che hanno creato un abisso proprio con chi fino a quel momento si era preso cura di lui e che alla fine, dopo alcuni litigi, hanno portato Tendai a scappare di casa.
Una volta avvenuto il distacco, il senso di colpa e la paura rendono estremamente improbabile il ritorno a casa del bambino, anche in caso di pentimento. Per questo un intervento esterno come quello operato da Cesvi e sostenuto dai nostri donatori è davvero di fondamentale importanza.
Buoni o cattivi? Una domanda che torna alla mente anche quando Tendai racconta le sue prime esperienze sulla strada. Arrivato ad Harare in autobus, completamente privo di soldi, incontra un ragazzo che lo aiuta in quei giorni di smarrimento e solitudine, un ragazzo che però, per vivere, rubava alle persone. “Nulla di strano” – commenta Marama –. “I ragazzi sulla strada diventano adulti anzitempo e si dedicano a qualsiasi cosa pur di sopravvivere, ma grazie al nostro lavoro tornano bambini”.
Io che ho conosciuto di persona Tendai una certezza ce l’ho: il suo cuore è quello di una persona buona. Il sogno della sua vita è andare a scuola e prendere la patente per guidare i trasporti pubblici: “Se un giorno vedessi un bambino salire sul mio autobus da solo, cercherei subito di riportarlo a casa perché ho imparato che nessun bambino deve vivere sulla strada”.