di Matteo Manara
Emmanuel lavora nello staff della Casa del Sorriso di Haiti dal 2011. Da allora ha fatto del desiderio di stare vicino ai bambini e ai giovani di Wharf Jeremie una ragione di vita. Una missione che incarna con grande senso di responsabilità e realismo, perché sa che cambiare la comunità che abita questo luogo è un’impresa affatto semplice. “A Wharf Jérémie il diritto e lo Stato non esistono – racconta. “Siamo infestati dal fenomeno del banditismo”, che agli occhi annebbiati e disperati di molti ragazzi rappresenta la migliore aspirazione possibile. Per loro pensare di portare a termine gli studi e di guadagnarsi da vivere legalmente è la vera anomalia, è quell’andare “controcorrente” che insegnanti ed educatori promuovono faticosamente ogni giorno, cercando un difficile equilibrio tra sensibilizzazione e forzata convivenza con la realtà del territorio. “Durante una lezione di educazione fisica con alcuni adolescenti – continua Emmanuel – ho chiesto ad uno di loro se avesse intenzione di proseguire gli studi una volta terminato il suo percorso qui e sono rimasto scioccato quando mi ha detto che probabilmente avrebbe finito per arruolarsi nell’armata del re” (un termine con cui vengono identificate le squadre di banditi della zona).
Questo per dire quanto sia difficile incidere nella mente di chi è cresciuto nel misero contesto di una bidonville. Nonostante ciò, le storie di resistenza a un destino segnato che si possono raccogliere alla Casa del Sorriso sono davvero molte, testimonianza dell’efficacia e dell’importanza del tuo sostegno regolare.
“Frazier, un ex beneficiario del progetto, oggi ha 19 anni e studia in un liceo. Il rischio di finire coinvolto nella rete del banditismo era molto alto per lui, ma è riuscito a tenere duro e a continuare gli studi. Mi ha colpito la sua lotta per resistere alla corrente, alla strada più naturale e scontata che aveva davanti a sé. Attualmente quando ha tempo torna a trovarci e ci aiuta con gli altri ragazzi” – conclude Emmanuel.
Alla Casa del Sorriso Emmanuel è logista, animatore e insegnante di educazione fisica ed informatica. Ed è proprio come insegnante di informatica che ha a che fare con il diciassettenne Zacary, un giovane con una tragica storia alle spalle. Suo padre, infatti, è un famoso bandito della zona, da alcuni anni in carcere per le sue malefatte, di cui Zacary è stato testimone e vittima (suo padre aveva l’abitudine di frustarlo, con gravi conseguenze sulla sua salute, e maltrattava anche la madre, oltre a perpetrare regolarmente numerosi altri atti di violenza nei confronti di persone della comunità).
Da questo passato e dai difficili rapporti con il patrigno, che ha sostituito la figura paterna senza essere in grado di riempirne il vuoto, proviene la fragilità psicologica di Zacary, che dal 2008, anno della sua ammissione alla Casa del Sorriso, ha sempre beneficiato del servizio di assistenza psicologica.
Da quel momento il salto più grande, come racconta lo stesso ragazzo, è stato quello educativo: “Frequentavo il primo anno in un’altra scuola, ma non lo terminai per mancanza di mezzi economici. Dal mio arrivo alla Casa del Sorriso, invece, non ho mai mancato un trimestre. Prima non sapevo né leggere né scrivere e senza la Casa del Sorriso sarei ancora nella stessa situazione, perché mia madre con i suoi piccoli commerci non riesce nemmeno a darci da mangiare a sufficienza e a pagare l’affitto di una stanza dove viviamo in 7, figurarsi a farci studiare!”.
Qual è il tuo sogno? – gli chiediamo in conclusione. “Non ho ancora un mestiere in testa, potrei fare il calciatore o l’ingegnere, ma so per certo che un lavoro l’avrò e che mi permetterà di guadagnarmi da vivere dignitosamente e di restituire a mia madre tutto quello che lei ha fatto per me”.
Ecco la voce di un giovane che si è affrancato dalla cattiva influenza del suo stesso padre e sta camminando controcorrente e con gioia verso un futuro migliore.