Indice Globale della Fame 2025: Fame come arma di guerra, a Gaza uccisa 1 persona al giorno

In tutto il mondo oltre 295 milioni di persone colpite da fame acuta, di cui metà provocati da conflitti, il doppio dell’intera popolazione italiana.

20esima edizione italiana dell’Indice Globale della Fame (GHI): fame allarmante in 7 Paesi e grave in 35.

«Il livello di distruzione nella Striscia di Gaza è talmente grave che, anche con il cessate il fuoco, i mezzi di sussistenza e la nutrizione saranno in pericolo per molti anni ancora. Urgente l’ingresso immediato di aiuti umanitari necessari».

Nell’ultimo anno guerre e conflitti armati hanno innescato 20 crisi alimentari e gettato in condizioni di fame acuta 140 milioni di persone[1], un numero equivalente a oltre il doppio dell’intera popolazione italiana. In diversi contesti, la fame non è stata soltanto una conseguenza “collaterale” della violenza armata, ma è stata deliberatamente inflitta attraverso assedi, blocchi degli aiuti e distruzione delle infrastrutture agricole, ovvero utilizzata come una vera e propria arma di guerra.

Gaza è l’esempio più emblematico: negli ultimi due anni il Ministero della Salute locale (MoH) ha documentato 461 decessi correlati alla malnutrizione (oltre 270 solo nel 2025), tra cui 157 minori[2]. Attualmente 320mila bambini sotto i 5 anni a rischio di malnutrizione acuta[3] e oltre 20mila persone sono rimaste uccise (2.580) o ferite (18. 930) nel tentativo di procurarsi del cibo e accedere agli aiuti[4].

È quanto emerge dall’Indice Globale della Fame 2025 (Global Hunger Index – GHI), tra i principali rapporti internazionali sulla misurazione della fame nel mondo, curato da CESVI per l’edizione italiana e redatto da Welthungerhilfe (WHH), Concern Worldwide e Institute for International Law of Peace and Armed Conflict (IFHV).

Il rapporto evidenzia che, attualmente, sono oltre 40 i Paesi del mondo, che stanno fronteggiando livelli di fame grave e allarmante.

«C’è un dato anche più preoccupante e che chiama in causa un disinteresse endemico e diffuso, impegni su scala mondiale presi e poi disattesi – sottolinea Gigi Riva, editorialista di Domani e scrittore, nella prefazione del GHI 2025 – Le cifre, al proposito, sono impietose. Dal 2016 ad oggi, dunque nell’arco degli ultimi dieci anni, la riduzione della fame nel mondo è stata minima. Tanto da poter pronosticare che sarà forzatamente disatteso l’obiettivo ambizioso della “fame zero” entro il 2030. Se si procedesse gli attuali ritmi, la meta della scomparsa della fame sarebbe raggiunta nel 2137, più di un secolo dopo».

GAZA, CARESTIA DOPO 2 ANNI DI CONFLITTO. A Gaza è in corso una drammatica carestia (IPC Fase 5), già attestata nel Governatorato di Gaza. Secondo le proiezioni, nei prossimi mesi quasi un terzo della popolazione – circa 641.000 persone[5] – si troverà in condizione di catastrofe (Fase 5), mentre 1,14 milioni di individui saranno in emergenza (Fase 4).

Dalla metà di marzo, oltre 1,2 milioni di persone sono state sfollate[6], gli aiuti, risultano ancora gravemente insufficienti e fortemente limitati e i prezzi dei beni di prima necessità sono esplosi (+3.400% per la farina). La malnutrizione infantile è aumentata rapidamente: nel corso dell’estate 2025 sono stati individuati tra i bambini con meno di 5 anni ben 28 mila casi di malnutrizione acuta, un numero più alto delle diagnosi totali dei sei mesi precedenti (da gennaio a giugno 2025 registrati 23mila casi)[7]. Oltre 55mila donne in gravidanza[8] o in allattamento e 25mila neonati necessitano urgentemente di supporto nutrizionale e la produzione alimentare locale è crollata: oltre il 98 per cento dei terreni coltivabili è danneggiato o inaccessibile[9]. la distruzione delle infrastrutture agricole, la presenza diffusa di ordigni inesplosi e il collasso dei servizi idrici, sanitari e di salute pubblica renderanno la ripresa estremamente lunga, e i mezzi di sussistenza e la nutrizione saranno in pericolo ancora per anni.

CESVI è presente nei territori palestinesi dal 1994 e con l’inizio del conflitto ha intensificato gli sforzi per fornire acqua pulita e servizi essenziali di igiene alla popolazione Gaza, oltre che per migliorare la gestione dei rifiuti, mitigare il rischio di alluvioni e ridurre i rischi di malnutrizione acuta.

L’organizzazione negli ultimi due anni non ha mai interrotto le proprie attività, rimanendo sul campo con il proprio staff locale e internazionale per garantire la sopravvivenza delle famiglie sfollate.

Attualmente CESVI fornisce quotidianamente, a Gaza City e nel centro della Striscia, 50-55mila litri di acqua potabile nei campi sfollati. Le attività di distribuzione nella Striscia hanno raggiunto complessivamente circa 105.000 gazawi, con 30 milioni di litri di acqua distribuiti. Continua inoltre l’installazione di latrine e la riabilitazione delle infrastrutture igienico/sanitarie nei campi sfollati di Deir al Balah e Khan Younis.

«Accogliamo con speranza le notizie di un accordo sul termine del conflitto, che ci auguriamo possa essere duraturo e definitivo, ma è fondamentale ricordare che quella in corso a Gaza continua a essere un’emergenza umanitaria di gravissima portata», spiega il direttore generale di Cesvi Stefano Piziali. «La ripresa – aggiunge – sarà lunga e difficile: milioni di persone vivono in condizioni catastrofiche, senza sicurezza né accesso sufficiente a beni essenziali, e le ferite materiali e psicologiche sono molto profonde. La macchina umanitaria in questo conflitto è stata stravolta ed è necessario che riprenda rapidamente a muoversi in maniera tempestiva, efficace e senza ostacoli: portare soccorso ai più vulnerabili resta una sfida, condizionata da ostacoli logistici e da un equilibrio ancora incerto. Senza un accesso continuativo e coordinato, il rischio di abbandonare la popolazione a un destino segnato rimane concreto. Qualsiasi ulteriore ritardo, comporterebbe un aumento inaccettabile della mortalità legata alla carestia. CESVI ribadisce che il rispetto del diritto internazionale e della neutralità umanitaria è indispensabile per proteggere i civili e garantire che gli aiuti arrivino realmente dove servono. Esortiamo tutte le parti a garantire l’accesso e la distribuzione degli aiuti umanitari in quantità adeguata per rispondere all’emergenza umanitaria e avviare un percorso volto a costruire le condizioni per una pace sostenibile. A Gaza servono interventi tempestivi, ma anche un impegno costante nei mesi e negli anni a venire per accompagnare verso un futuro dignitoso e sereno una popolazione stremata da anni di privazioni e violenza».

GUERRA DEVASTANTE MOLTIPLICATORE DELLA FAME. Il caso di Gaza è l’espressione più drammatica di una pericolosa tendenza ben lontana dall’essere isolata. Nel solo 2024 quasi la metà (47%) dei casi di fame acuta in tutto il mondo sono stati provocati proprio da scontri armati[10]. Solo nell’ultimo anno sono stati registrati quasi 200 mila episodi di violenza, con un aumento del 25% rispetto al 2023[11]. Questa escalation ha costretto milioni di famiglie a sopravvivere senza mezzi né servizi essenziali, portando il numero di sfollati a oltre 122 milioni[12], il livello più alto mai registrato.

I conflitti a Gaza e in Sudan dimostrano chiaramente come la violenza armata possa distruggere rapidamente la sicurezza alimentare: tra il 2023 e il 2024 le persone esposte a livelli di carestia sono più che raddoppiate, raggiungendo quasi due milioni, di cui il 95% vive proprio in questi due contesti[13]. Il GHI 2025 richiama con forza l’attenzione sul rischio di “normalizzazione” dell’utilizzo della fame come arma di guerra e invita al rispetto del diritto internazionale e al rafforzamento dei meccanismi di controllo e responsabilità in relazione a questa pratica.

«La guerra è il più crudele moltiplicatore della fame – afferma il direttore generale di CESVI, Stefano Piziali – Dove scoppiano i conflitti, i sistemi alimentari collassano, le famiglie sono costrette a fuggire e milioni di persone vengono spinte nell’insicurezza alimentare. A rendere la situazione ancora più drammatica – prosegue – negli ultimi anni è stato registrato un forte calo degli aiuti umanitari, mentre le spese militari hanno continuato a crescere, superando nel 2024 i 2.700 miliardi di dollari[14]: oltre cento volte l’ammontare destinato agli aiuti umanitari. Un’inversione di priorità che compromette la capacità della comunità internazionale di rispondere alla fame e che si unisce all’inaccettabile pratica, sempre più frequente, di utilizzare la privazione di acqua e cibo come un’arma contro la popolazione civile».

Per approfondire i dati del nuovo GHI: qui.

Per scaricare l’Indice Globale della Fame 2025: versione integrale e sinossi.

[1] Global Report on Food Crises 2025
[2] OCHA, Humanitarian Situation Update #329
[3] OCHA, Humanitarian Situation Update #319
[4] OCHA, Humanitarian Situation Update #327
[5] IPC Global – Special Snapshot
[6] Gaza Population Movement Monitoring
[7] Humanitarian Situation Update #323
[8] IPC Global – Special Snapshot
[9] IPC Global – Special Snapshot
[10] Global Report on Food Crises 2025
[11] ACLED – Armed Conflict Location & Event Data Project
[12] UNHCR – Global trends forced displacement in 2024
[13] Global Report on Food Crises 2025
[14] United Nation: The Security We Need – Rebalancing Military Spending for a Sustainable and Peaceful Future