I sogni dei bambini hanno qualcosa di magico: non conoscono limiti, puntano in alto, sono ambiziosi e creativi. Ma è giusto che sia così: i bambini devono fare volare alta la fantasia e devono avere la possibilità di immaginare oltre le convenzioni e a prescindere dal contesto in cui vivono. E anche se in futuro questi sogni non si concretizzeranno nella forma sperata, rappresentano un obiettivo sul quale far convergere il proprio impegno. Perché sognare deve essere un diritto garantito a tutti i bambini.
Parafrasando una celebre frase “Quello che conta è il percorso del viaggio, non l’arrivo”, i sogni che si hanno da bambini rappresentano la giusta palestra per allenare la determinazione, l’impegno, il coraggio e la fiducia nelle proprie capacità.
La realtà ci mostra però che molti bambini hanno perso la capacità di sognare, di aspirare a un futuro migliore perché sopraffatti da una quotidianità che li priva di quella serenità che tutti i bambini dovrebbero avere. Spesso i loro sogni rappresentano esigenze reali, risposte ai loro bisogni primari che non vengono garantiti.
Matteo è uno di questi bambini. La madre ha abbandonato lui e i suoi fratelli all’improvviso, senza una parola, una spiegazione. Era molto piccolo quando questo accadde, crescendo capì che la madre era andata a vivere in Germania con un altro uomo, ma nessuno glielo aveva mai detto chiaramente. Non tanto per tutelare lui e i suoi fratelli, quando per la vergogna e l’umiliazione che un simile gesto aveva portato nella sua famiglia. Matteo ricorda la disperazione del padre ritrovatosi con 4 figli da crescere, da solo, senza una casa, senza un lavoro stabile. Un padre che inizialmente ha fatto di tutto per provare a garantire “un tetto e un piatto di minestra”, ma se manca il lavoro anche i bisogni più essenziali sembrano impossibili da realizzare.
La storia di Matteo è una storia come molte ne troviamo a Napoli, nella periferia nordorientale della città, ai confini con i quartieri di Secondigliano e San Carlo all’Arena: qui il tasso di povertà e di criminalità sono elevati, i bambini vivono in strada e l’abbandono scolastico precoce è una normalità.
In soccorso di questa famiglia ormai allo sbando è arrivata però nonna Maria, una donna energica nonostante gli anni (75) e i tanti acciacchi accumulati in una vita senza prendersi cura di sé, che accoglie il figlio e tutti e 4 i nipoti a casa sua. La casa è molto piccola, c’è solo una cucina e una camera da letto, ma è pur sempre una casa e, soprattutto, un’alternativa alla strada. I quattro fratelli dormono tutti insieme nell’unico letto matrimoniale “ceduto” dalla nonna che si è trasferita sul divano. Il padre su una brandina, recuperata da qualcuno al quale non serviva più.
Matteo non ha avuto mai sogni particolari, quasi non gli fosse concesso nella sua situazione, ma durante questo ultimo anno ne ha espresso uno che racchiude tutto il suo disagio e la sua situazione di grande fragilità: quello di avere una cameretta sua per studiare.
L’anno di pandemia appena trascorso è stato per lui e i suoi fratelli particolarmente pesante: il padre che faceva il porta pizze si è ritrovato “dalla mattina alla sera” senza lavoro. I sui fratelli più piccoli, quando riuscivano a collegarsi alla DAD facevano a turno con il cellulare di papà sul tavolo della cucina; a Ivan, che quest’anno ha frequentato la terza media, era dedicato l’unico comodino della camera da letto. A lui, il più grande, che quest’anno ha iniziato la prima superiore non rimaneva che seguire le lezioni sul balcone verandato con il cellulare sulla lavatrice.
Matteo ha iniziato il ciclo delle superiori in ritardo, perché a settembre il padre non aveva i soldi per pagare il bollettino e lui aveva vergogna ad andare a scuola “sapendo di non aver assolto tutti i suoi obblighi”. Si è presentato con un mese di ritardo. All’inizio non aveva neppure i libri perché mancavano i soldi anche per quelli.
In questo anno Matteo e la sua famiglia hanno potuto contate sul supporto del programma di Fondazione Cesvi e della Cooperativa Il Grillo Parlante per contrastare la trascuratezza infantile e offrire a minori e famiglie sostegno psicologico, opportunità educative e aiuto quotidiano.
Oggi Matteo, ha riacquistato forza e fiducia in sé e può collegarsi tutti i giorni alle lezioni, quando sono in DAD. Si collega pur sempre dal balcone e dalla lavatrice e il suo sogno è quello di poter avere una cameretta, dove poter studiare.
Il sogno di Matteo è il diritto allo studio, un sogno concreto ma che per lui ha il sapore della vittoria.
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